05/09/14

Una leggenda indiana di Hugo Pratt:Il Serpente Maligno

Ho trovato al mercatino qualche numero del bel Pecos Bill edito da Fasani negli anni sessanta. La serie continuava quella realizzata da Guido Martina e Raffaele Paparella nel 1949 per gli Albi d'Oro Mondadori. Le storie della leggenda del West sono molto ben congegnate ed originali con un simpatico Davy Crockett obeso,violento ed ubriacone che pare anticipare certi personaggi dei western all'italiana ed una splendida Calamity Jane  moderna  eroina sparatutti e non donzella in pericolo. La chicca che ho trovato nel n.152 del 1963  è però questa breve storia (senza Pecos) di Hugo Pratt che fa parte delle leggende indiane che furono raccolte in due (cari e rari) volumi di Fumetto Club e nel Wheeling pubblicato da Rizzoli Lizardi. Io non conoscevo questa produzione di Pratt ma ne avevo riconosciuto lo stile...cosa che mi fa sempre tornare al vecchio discorso che certe mani non esistono più, quegli autori che riconoscevi a distanza perchè con un tratto così personale ed una pennellata così particolare che non avevano bisogno di credits sull'albo. Godetevi, in questa mirabolante epoca d'ingegneri e tecnici,  questa antica novella artigianale di Pratt.  4 pagine stampate su carta ormai gialla come papiro.







5 commenti:

  1. Accidenti, che gioiellino hai trovato, Salvatore. Appena ne avrò occasione mi sa che andrò anch'io per mercatini!

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    1. Le altre "storie indiane" sono piacevoli ma Il Pratt è il Pratt.

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  2. " vecchio discorso che certe mani non esistono più, quegli autori che riconoscevi a distanza perchè con un tratto così personale ed una pennellata così particolare che non avevano bisogno di credits ". Condivisibile, ma, come direbbe un qualsiasi politico Prima Repubblica, occorre contestualizzare.
    Pratt, per esempio, deriva il suo tratto, come è noto, da Milton Caniff, autore che ha influenzato anche Frank Robbins ( molti lettori nati negli anni sessanta/settanta ricorderanno i suoi Marvel Comics ripieni di personaggi in pose kamasutriche anche se si trattava di slugfests e non di burlesque arcoriani ). Io sono nato nel 1968 e ho vissuto la staffetta da un tratto + morbido e realistico ( Alex Raymond, Burne Hogarth e la deriva italiana di Galep e Fergal a.k.a. Ferri G. ) ad una sintesi ( il Kyrby della moaturità , i sergiotoppiani USA come Simonson, il prattiano Alessandrini, Tacconi e Milazzo, to name a few ) che era x me la modernità: il disegnatore fa la maggior parte del lavoro e mi regala un depositato filtrato dalla sua sensibilità. Ogni filtrato era diverso. Oggi, complice il successo dei blockbusters derivati dalle avventure dei ns picchiatelli in costume - che sono il mainstream americano come da noi l'avventura SBEllica - il lettore premia il fumetto in cui riconosce i vari Bale, Jackman ed Evans. Nel tentativo, insomma, di catturare il pubblico cinematografico si scelgono disegnatori fotorealistici ( la nuova Donnaragna Marvel - quella della cover di Manara - sarà disegnata dal famigerato Greg Land che lavora di tavolo luminoso e fotogrammi da film birichino ) e quando si cerca la riproduzione icastica, forzatamente si smorzano i tic, le idiosincrasie proprie dello stile.
    Non è naturalmente vero x tutti i fumetti - sempre restando da noi pare che il nuovo western giappo derivato da Le Storie SBElliche potrà contare sulle matite di Luca Genovese e stiamo parlando di un editore che stampa storie di Casini, Sinis, Mari, il citato Alessandrini, Stano etc - ma avremo sempre + ibridi di matita ed altro come la Donnaragna Marvel di Alex Maleev di qualche anno fa ( o la sua Scarlet o il suo Moon Knight o il suo Daredevil ) e ci abitueremo a riconoscere le combo di acquerello, foto, collage ed altro dei vari Ash Wood, Ben Templesmith e Brett Weldele ( non che sia un problema distinguerli uno dall'altro già ora ) e forse faremo l'occhio anche per i pencillers puri che cercano di riprodurre la Realtà Prima, annullando le loro possibili stimmate ( non sto quindi parlando di Hitch o Eaton , per esempio, che hanno una loro personale " firma " di inchiostro ).
    In un mondo ideale in edicola o in fumetteria troverò questo e quello e quell'altro ancora e , cosa + importante , roba che non pensavo potesse esistere.

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    1. Ciao Crepà, mi mancavi. Io sono del 1971 e quindi come "sentire" siamo lì. Pratt ha sicuramente un'ispirazione caniffiana ma la poesia alla De Andrè che permea le sue tavole, statiche come olii (tranne che per Asso di Picche) sono sicuramente lontanissime dall'Invasore Robbins, che per me era una una martellata sull'occhio quando leggevo il Cap Corno ed ero abituato alle cose "lisce" dei due Buscema. Frank Robbins si apprezza dopo, una sorta di transfugo dell'edizioni barbieri che lavora per i super eroi. Lucidissima l'immagine che quel che leggiamo adesso è la trasposizione dei cinecomics e si tende all'iperrealismo, infatti gli ultimi autori Marvel di cui mi sono innamorato erano Joe Madureira e Arthur Adams. Genovese mi piace molto (ci ho parlato ad un Bergomix dove ho confessato di non aver preso Beta perchè costava troppo). Secondo me In Bonelli hanno il problema opposto alla Marvel, In Marvel per ora hanno idee grandiose e divertenti con sceneggiatori liberi di fare quello che vogliono, in Bonelli grandissimi artisti che sono supportati da storie a volte banali (non per colpa loro...in Bonelli non si può osare più di tanto)...più che altro la Bonelli al momento non diverte...manca il Crash, Boom, Sbang e la strizzata d'occhio, sono diventati più grigi dei francesi...tendono all'autoriato che per il mercato del fumetto può essere il colpo di grazia. N'ha fatto di morti l'autoriato...Glènat, Rizzoli, Comic Art...tutte vittime del fumetto da Galleria. Ciao.

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