14/05/15

La crisi del fumetto e le profezie di Gianni Brunoro del 1995


L'illustrissimo G.Moeri mi ha inviato questo articolo di Gianni Brunoro pubblicato sulla fanzine Flex n.10 del 1995 (graziata da una copertina magnifica di Raffaele Della Monica). Fa impressione come il critico abbia anticipato con così precisione quel sarebbe venuto a posteriori e come ci sia accordo con tutto quello che abbiamo scritto nella maggior parte dei commenti di questi giorni. Gianni scriveva che un appassionato di Manga e Super Eroi è un accanito fan dei generi ma non un vero amante dei fumetti tutti, della loro storia e diversità. Secondo me aveva beccato in pieno e in tempi poco sospetti la deriva presa da fumetterie, mostre, convention, social e forum. Tutto pare confermare in pieno le ipotesi di Nostrabrunorus.



Leggetene tutti.

14 commenti:

  1. Questa della frammentazione e della conseguente rarefazione dei lettori di "fumetti" (ma in realtà di manga, comics, ecc.) era una cosa che diceva anche Luca Raffaelli più o meno negli stessi anni, se ricordo bene, nella sua rubrica su Lanciostory. Mi pare che la cosa venisse anticipata anche in un editoriale di Orient Express degli anni '80, in riferimento all'onnipresente crisi del fumetto, ma forse era troppo presto per prevedere scenari del genere e chissà cosa mi ricordo!
    Io resto dell'idea che per salvare il fumetto bisognerebbe rivolgersi a un pubblico elitario (so che non la pensi come me, Salvatore) disposto a pagare cifre importanti per prodotti che possano garantire riscontro economico e quindi sopravvivenza, ma anche margini di sperimentazione, agli autori.
    En passant, oltre che vero e proprio patriarca dei critici italiani (allievo o comunque conoscitore di Carlo Della Corte), Gianni Brunoro è una persona squisita e simpatica.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se il fumetto dovesse diventare soltanto roba d'elite mi perderebbe sicuramente, non che io faccia la differenza, ma tenendo conto che sono nato in una culla fatta di albetti sarebbe un divorzio doloroso. Penso però di rappresentare un tipo di lettore, e come me mi pare che ce ne siano parecchi in giro.

      Elimina
    2. il problema è che nei fatti il fumetto in Italia è già cosa di nicchia, non più popolare come un tempo, eccezion fatta per Bonelli e altri fenomeni occasionali. Se gli editori continuano a puntare sulla massima diffusione tenendo bassi i prezzi come fanno a vivere (e "moltiplicarsi") gli autori se sono pagati una miseria?
      Per fortuna degli editori c'è il fatto che moltissimi lettori di fumetti vogliono a loro volta diventare fumettisti!

      Elimina
    3. Io faccio parte dell'elite della Nazione, visto che riesco ad apprezzare nel giusto modo (chessò) i fumetti di Wolverton, i libri di Guido Morselli e di Borges , i dischi dei Weather Report e la Ouverture 1812 di Ciai-i-kioski. E qualunque settecentina mi capiti fra le mani durante il mio lavoro.
      Però non ci ho una lira. D'accordo che il fumetto non è pane ed è giusto che costi di più di Novella 2000... ma elitario... Poi non scordiamoci che, per esempio, con gli stessi 5 Euro in Germania compri ben altro che qui. Qualcuno ricorda come venne fatto (e avallato) il cambio prezzi Lira-Euro dagli italici bottegai?

      Elimina
    4. Io da studentello squattrinato ricordo che vedevo come irraggiungibile il volume di Watchmen della Rizzoli Milano Libri (ben 31.500 lire dell'epoca per una confezione tenuta su con lo sputo). Ma risparmiando scurpolosamente riuscii a permettermelo! :)

      Elimina
  2. Non sono del tutto d'accordo: per il fatto che uno legge il fumetto X, non per questo domani diventerà produttore (editore? autore?) a sua volta...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. riallacciandomi a quanto detto a Salvatore qui sopra, e collegandomi ancora una volta a un editoriale di Orient Express (stavolta me lo ricordo bene!), il fumetto è un settore il cui pubblico ha più ambizioni di entrare nell'"ambiente" rispetto a tanti altri media. Sarà perché tutto sommato è più immediato che fare cinema o teatro o comporre musica. Anche il nostro anfitrione ha pubblicato alcuni dei suoi disegni e se ben ricordo (o ti confondo con un altro?) anche tu Gas avevi quel progetto giovanile dei Puffi in versione "cubica".
      Forse anche questo è segno della crisi del fumetto: dagli anni '70 a comprare albi non sono più le masse ma un pubblico selezionato a cui non dispiacerebbe a sua volta campare di quello.

      Elimina
    2. Penso sia vero, da ragazzino mi sarebbe piaciuto disegnare fumetti, ma non ho mai provato perché cosciente delle mie capacità appena amatoriali, rispettoso dell'arte e dei suoi professionisti che hanno doti non comuni. Poi, provenendo dal ceto basso, non sono mai stato interessato a lavori con profitti non sicuri e costanti. Una cosa è sicura, da quel che ho scoperto dall'apertura del blog l'ambiente fumetto è ben diverso da quello che fantasticavo leggendo Corno, Cenisio e Disney. Il "se volemo tutti bbene" è lontanissimo dalla realtà ed è tutto un ripicca, sparlio, invidie e contratti non pagati. Adesso va di moda un termine, "rosicone", chi critica rosica perchè non fa parte attiva del mondo fumetto. Il rosicone ha preso il posto del medievale Troll. I social sono pieni di castori secondo gli autori.

      Elimina
    3. secondo me hai colto in pieno il nocciolo della questione: più o meno tutti considerano il fumetto un mondo incantato, anche perché legato alla propria infanzia e perché per anni negli editoriali Bonelli, Eura e delle altre riviste si è cercato di costruire questa parvenza di ambiente fantastico. Da qui anche il rifiuto del termine fumetto d'Autore (come se non esistessero il cinema d'Autore, la musica d'Autore, ecc.) perché ha un vago retrogusto razzista inconcepibile per il buonismo ante litteram del mondo del fumetto degli anni '80. Invece l'unica differenza tra il fumetto e altri settori dell'intrattenimento è solo che il fumetto è molto più povero, per il resto le magagne ci sono anche lì.
      Il fumetto si distingue però per avere (dagli anni '70 in poi) un tipo di fruitore che oltre a essere appassionato ha proprio voglia di far parte di quel mondo, e quindi giustamente gli editori ne approfittano pagando gli aspiranti una miseria - quando pagano!
      Fino all'avvento di Metal Hurlant, invece, in Europa era una vergogna fare fumetti...

      Elimina
    4. Il desiderio, l'idea, sono un conto... l'ambizione a fare fumetti per mestiere è un'altra, ci vuole innanzitutto il favore di una certa geografia: un conto è che vivi a Milano o Bergamo dove ogni mese, quasi, c'è una mostra di fumetti, generalista o tematica che sia, un'altra è che vivi in un paesino dove letteralmente alcuni albi Bonelli non sono manco arrivati nelle edicole! Certo, uno si può ingegnare, farsi il trolley e partire alla ricerca di fortuna in terre più prospere da quel punto di vista... quindi occorre anche intraprendenza, ma in questo la via del fumetto non si differenzia da qualunque altra.
      Solo che talvolta ho la sensazione che, a leggere alcune storie a fumetti, forse le avrei scritte non dico meglio, ma in una maniera quanto meno comparabile... Poi, quando le proposte di collaborazione agli editori non ricevono manco una risposta, la sensazione non trova conferma, e l'unica sarebbe non collaborare ma fare concorrenza, ad averceli però, i soldi necessari.

      Elimina
  3. Non si tratta di un campione statistico attendibile, ma in otto anni di insegnamento di storia del fumetto avrò frequentato 400/500 aspiranti cartoonists, senza contare i miei compagni di corso serale che erano come me + maturi e già al lavoro altrove , e ho notato che: 1) la buona parte di loro è a scuola xchè ha in mente una storia e vuole acquisire la tecnica x raccontarla 2) sono divisi in posse come i personaggi dei Warriors di Hill, ma esistono fenomeni di osmosi , a volte favoriti dal docente ( ho prestato Vanna Vinci a chi leggeva solo manga e la battaglia delle Termopili visssuta lato Mort Cinder a chi aveva visto 300 al cine ) 3) esiste un numero residuale , ma inquietante , di chi desidera fare fumetti, ma non ne legge 4) in ogni classe esiste almeno un tizio/a che ha un papà magari della mia generazione che gli ha trasmesso l'amore x il medium e quindi sa benissimo chi fosse Wolverton e non lo confonde con Wolverine. Io so già che il tizio/a un giorno avrà il mio posto e ne sono contento xchè mi fa sentire parte di una tradizione come quella di Phantom, a parte la cosa dell'anello con il veleno ed i pigmei e la mascherina sugli occhi.
    Sono anch'io convinto che siano tantissimi i lettori che desiderino di essere i nuovi Mad Madureira, Simon Biz Bisley o Ash Wood ( cito alcune delle mode negli anni filtrate dalle scuole ). Alcuni fanno altro ( un paio di studenti realizzano sketchx la presentazione di campagne pubblicitarie in modalità Alex Ross - no kiddin' ), ma esiste una pattuglia di irriducibili che credono nella validità di quella che altri hanno chiamato, forse pomposamente, arte sequenziale, e la praticano a vario livello e forse domani saranno i nuovi Pratt, SBE, Jacovitti o Scarpa.
    A mio avviso il mainstream sta cambiando, ma ci sarà sempre un fumetto popolare, magari fruito attraverso uno schermo il che restituirà a Jerry Drake un inferno verde che sia verde. E ci sarà sempre chi troverà il modo di ibridare, per esempio, l'estetica di Celia Calle, la prosa di Irvine Welsh ed i temi di Rino Gaetano x proporci la storia di un coccodrillo ibrido cyborg dinoccolato e senziente che non reggae più la sagra dei selfies di chi vive di penultimatum e si lancerà nelle colonie extramondo partendo praticamente da dove finiva Mister No.
    Non + di sessanta tavole in b/n e colore formato vecchio Dracula Corno. Sette euro. No, dico sette euro. Meno di una pizza in certi quartieri. Anche nel mio, se non scelgo la Margherita.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non sull'estetica di Celia Calle ma sul suo rapporto con lei ha già fatto un fumetto il suo allievo/adoratore Alfredo Aceto.
      Riguardo al punto 1 mi trovo spiazzato davanti a quanti sostengano di voler fare fumetti per "raccontare una storia" e poi i loro fumetti riguardano dei fumettisti che raccontano storie :|
      Per quel che concerne il punto 3: il fumetto è immediato e istintivo, chi non ne ha fatti sui banchi di scuola?, quindi posso capire benissimo chi voglia avventurarsi a farlo senza le basi che potrebbero richiedere la musica, il cinema, ecc.

      Elimina
  4. A dirla tutta io ho letto fumetti realizzati dai miei compagni di corso o dai discenti che erano appunto l'esploso della storia che avevano in mente e non era mai la storia di un fumettista che racconta una storia. A volte era uno psicodramma con cui era elaborato qualche episodio drammatico, a volte la satira di una passata esperienza di copywriter nella Grande Mela, a volte la surreale disavventura di un barelliere che si perde nei suoi sogni di golfista mentre accompagna un tizio che non è passato indenne x il ristorante Merluzzo Felice. Non ci crederai, ma x parecchio tempo quelle storie ingenue e realizzate da dilettanti mi hanno accompagnato e si sovrascrivevano nei miei ricordi a tutti i fumetti che avevo letto x 30 anni.
    I ragazzi del punto tre erano una cosa a parte. Ammetto che potrei essere parziale perchè non si appassionavano a Kazy Kat e non capivano quanto dobbiamo a Little Nemo, ma la loro idea di fumetto era lo sketchbook di Davide La Rosa che rifà Life in Hell su di un foglio quadrettato di bloc notes con la matita morbida e si tratta spesso della storia di A e B che vanno a scuola x disegnare la storia di A e B che sono a scuola. Intenso come uno squarcio di Fontana, forse, ma difficilmente il mood che catturerà un pubblico come quello che da tanti anni sentiamo sempre + remoto.
    Alfredo Aceto sarebbe un bellissimo nome x il personaggio di un cartoonist una volte divertente e spumeggiante come il vino novello che non trova + il suo pubblico e finisce di rovinare le sue manine d'oro scarabocchiando una chanson de geste sulla tovaglia quadrettata di una rosticceria di Travestevere negli anni settanta fino a che non nota il suo lavoro un "negro" di qualche editore simil-Cepim-Daim Press che gli offre una chance di tornare in serie A e a quel punto Aceto passa sei mesi realizzando un albo tipo Un Uomo Una Avventura, ma poi in una notte da Innominato capisce che ormai il suo punto di vista è un altro e straccia tutto x comporre in una notte un graphic novel su due personaggi che si chiamano Serie A e Serie B e che sono la personificazione di due punti di vista che discutono il mondo e la vita mentre si recano ogni giorno in una scuola di vita. 60 tavole in bianconero. Il costo di una pizza di allora. Più la birra /coca.

    RispondiElimina
  5. Infatti, ricordo, quando frequentai un corso di fumetto gli alunni più giovani erano al 99% mangofili, gli alunni di età più elevata appartenevano a più settori ...

    RispondiElimina