03/08/16

RECENSIONE: Nonna Abelarda: L'Impero dei robots.


Un nuovo recensore ci delizia: Florindo Fusco (Lambiek) con una bella recensione di una storia di Alberico Motta tratta da Abelarda n. 18, novembre 1972.
Copio ed incollo la lunga, dettagliata ed illustratissima mail:

Durante una delle loro letture nelle sere d'inverno, Nonna Abelarda e Soldino rimangono impressionati da un romanzo di fantascienza in cui viene descritto un futuro dominata dai robot. Volendo appurare quale sia la fonte d'ispirazione dell'autore, nonna e nipote lo vanno a trovare. 
Lo scrittore rivela che le sue opere sono semplici cronache: egli può infatti osservare quanto accadrà nel 2.972 affacciandosi da una delle finestre di casa. 
Colta dall'irrefrenabile desiderio di andare a esplorare il futuro, anche per poter mostrare al nipote qualcosa di interessante e istruttivo, nonostante lo scrittore cerchi di dissuaderla Abelarda scavalca la soglia temporale tirandosi dietro il riluttante Soldino.
I due si ritrovano in un territorio desolato e molto simile alla superficie della Luna. 
Visto che tutto sembra tranquillo, Abelarda decide di avvicinarsi a uno degli strani crateri che si vedono in lontananza ma viene inaspettatamente colpita da una mini testata nucleare lanciata da un antipatico robot nascosto nei paraggi.  



A mille anni di distanza, nonna e nipote troveranno un mondo desolato molto simile alla superficie della Luna e dominato da robot spietati. 



Dopo alcune vicissitudini piuttosto cruente durante le quali, tra l'altro, sia i robot che Abelarda hanno modo di fare abbondante uso di piccole bombe atomiche (!), i malvagi robot vengono distrutti e gli umani si ripropongono di iniziare una rivolta in tutto il pianeta.




La coriacea vecchietta sopravvive all'attentato ma, una volta ritornata sui suoi passi, al posto di Soldino trova ad attenderla il robot di cui sopra. Al termine di una breve lotta, Abelarda viene catturata e trascinata nel sottosuolo. A questo punto tutto diventa chiaro: gli umani vengono tenuti in schiavitù e costretti dai robot a estrarre l'uranio di cui questi hanno bisogno. Unica fonte di cibo per gli umani è la macchina “fagiolatrice”, che viene gestita dai robot e che distribuisce agli schiavi razioni di soli fagioli (ma anche torte di fagioli la domenica). 
Ribellarsi sembra impossibile, anche perché i robot hanno tolto agli umani ogni nozione scientifica mandandoli alla “scuola dell'ignoranza”, dove vengono usati particolari “caschi elettrici” per eseguire un lavaggio del cervello. Inoltre chi prova a fuggire viene sistematicamente bombardato con ordigni nucleari, come testimoniato dai molti crateri disseminati nella zona. Abelarda, colta dall'ira, danneggia la fagiolatrice. 
Di conseguenza i robot inviano un “plotoncino d'esecuzione”, che ha il compito di eliminare l'anziana insubordinata gettandola nel cratere allagato in cui vive il “coccodrillo sacro”. Abelarda, per nulla intimorita, si tuffa nel cratere e, al termine di un'epica lotta, mette in fuga il coccodrillo. I robot guardiani scambiano il coccodrillo in fuga per Abelarda e lo bombardano per errore: ne rimarrà solo lo scheletro completamente scarnificato. Inferociti, i robot lanciano verso Abelarda un grande numero di bombe atomiche, ma la terribile vecchietta riesce a raccoglierle tutte prima che tocchino terra e le getta nel cratere allagato. 
Il risultato è un delizioso “piattino di funghi” atomici, verso il quale i robot, attirati dalle esalazioni radioattive, si precipitano senza indugio per poi affondare nell'acqua e scomparire per sempre. L'eroica azione della nonna eccita gli ex schiavi e li convince ad annunciare una rivolta in tutto il pianeta.








Nel frattempo vengono liberati anche i bambini tenuti nelle “scuole dell'ignoranza” e tra questi viene ritrovato Soldino. Purtroppo Soldino ha già ricevuto il lavaggio del cervello e tutte le sue le nozioni risultano cancellate.
Esaurita l'avventura, nonna e nipote tornano nel loro presente riattraversando la finestra della casa dello scrittore. Quest'ultimo, avendo potuto osservare tutto con il suo cannocchiale, si ripropone di pubblicare a breve un nuovo romanzo: “la disfatta dei robots”.
Lo scrittore si rammarica per il fatto che Soldino, ormai totalmente ignorante, non potrà leggere la sua nuova opera, ma Abelarda non si mostra preoccupata e trascina via il nipote in tutta fretta per portarlo a vedere l'ultima puntata di “chissà chi lo sa?.


Come denunciato chiaramente dal titolo, questa storia è ispirata a un classico della letteratura fantascientifica: i futuri sviluppi della robotica e le relative conseguenze. 
Ma visto che Abelarda è un personaggio contemporaneo, il secondo elemento portante della trama non poteva che essere l'altrettanto classico tema dei viaggi nel tempo. Infatti sarà proprio la curiosità generata dalla lettura di un romanzo di fantascienza a spingere Abelarda e Soldino ad una spericolata esplorazione dell'anno 2.972, che verrà raggiunto scavalcando la finestra da cui un noto scrittore di fantascienza è solito osservare il futuro.
La storia colpisce soprattutto per due motivi: un uso disinvolto di elementi cruenti (i molti bombardamenti atomici e i relativi “funghetti” all'uranio; il “coccodrillo sacro” ridotto a scheletro; il “plotoncino d'esecuzione”); l'evidente metafora politico-sociologica insita nella descrizione di un'umanità alienata (i lavori forzati nel sottosuolo; la “macchina fagiolatrice”, unica fonte di cibo per gli umani, costruita e controllata interamente dai robot; la “scuola dell'ignoranza”).
Curiosa la citazione finale del quiz per ragazzi “chissà chi lo sa?”, andato in onda dal 1961 al 1972.

2 commenti:

  1. Eccellente recensione di un'ottima storia, certamente più vecchia del 1972 essendo "Abelarda" una serie di ristampe con vignette rimontate in stile "Diabolik". Forse quindi la data 2972 in origine era differente ma sempre mille anni nel futuro...
    Semplice e al tempo stesso geniale l'escamotage della finestra che guarda sul futuro, pare una dotta e ben camuffata citazione al Guardiano del Tempo di "Star Trek" (1966).
    L'avventura poi è ben articolata, attinge a varia narrativa di fantascienza e la porta sui fumetti decenni prima di Topolino (vedi per esempio "Paperino e la penuria ferrosa") nonché di Nathan Never (la tematica robot/androidi è ricorrente, fino al folle delirio di Omega che giunge all'epilogo tra qualche settimana).
    È l'ennesima prova che il nostro fumetto umoristico italiano ha avuto un dignitosissimo passato che purtroppo oggi sembra tornare, laddove succede e salvo rare eccezioni, per puri interessi commerciali anziché per portare avanti una memoria storica che è nostro tesoro culturale nazionale.

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