Ho deciso di pubblicare parte dell'archivio di mail e messaggi che ho accumulato negli anni con gli autori Bianconi.
Adesso che molti amati maestri non disegnano più nuvolette ma ci sono seduti sopra e ci osservano benevoli mi pare giusto preservarne il ricordo.
Vi copio ed incollo il testo di Alberico Motta che mi "bastonava" per come avevo scritto la scheda di Geppo su "Da Braccio di Ferro a Provolino".
Salvatore,
Ho letto la tua affascinante introduzione sull'inferno di Geppo e devo farti qualche segnalazione.
Ho trovato una parte non perfettamente allineata nell'attribuzione dei vari ruoli (o meriti) dove ti addentri nell'analisi critica del lavoro dei singoli autori.
Il Geppo del ventennio '60/'80 è frutto di un'opera collettiva dove ciascuno ha portato avanti la sua parte per quel tanto o poco che gli è stato concesso di fare riguardo ai contenuti scritti e disegnati del nostro fumetto.
Ambedue i componenti, testo e disegno, hanno un loro percorso che ha portato avanti, passo passo, l'emancipazione del personaggio, inteso nella completezza dello scenario narrativo.
Ovvio che la soluzione più semplice per affrontare un'analisi critica è la considerazione separata dell'operato di ciascuno, ma in questo modo si rischia di scollegare, per mancanza di informazioni o omissione, i precedenti storici che hanno determinato i passi successivi. Ovvero, viene a mancare un anello di collegamento che è parte determinante della nostra analisi.
Questo anello mancante è rappresentato dal periodo più importante della storia di Geppo, quello che ha trasformato il modo di raccontare e disegnare le storie di Geppo, non certo avvenuto per grazia della provvidenza ma per opera di un processo di produzione ben preciso, voluto da noi autori in accordo con l'editore.
A un certo punto si legge nella tua recensione:
Le storie del periodo Sangalliano in parte furono scritte da Alberico Motta, molte dallo stesso Pierluigi. Psicologicamente, Geppo, sino all’inizio degli anni settanta non era ancora stato plasmato a dovere e le storie erano ancora leggerine e divertenti. Quello che sperimentò di più nelle sceneggiature, fu Sandro Dossi aiutato a volte dalla moglie Loredana Motta e che divenne il disegnatore ufficiale del diavoletto a partire dal 1970 mentre le copertine dell’albo continuavano ad essere disegnate da Sangalli. Dossi scrisse e disegnò storie con più livelli di lettura e in cui confluivano satira , analisi psicologica e metafumetto.
Dalla lettura si evincerebbe che il mio operato avvenne fino agli anni'70 in collaborazione con Sangalli e che rientri in quella considerazione di storie che tu definisci sbrigativamente storie leggerine e divertenti.
In realtà io cominciai a scrivere le prime storie di Geppo negli ultimi anni '60 per Sangalli e proseguii col fornire sceneggiagure a Sandro fin quasi alla fine del decennio successivo (anni '70), realizzandone una quantità mai eguagliata da nessun altro. Ma il record di quantità non è quello che mi interessa. La questione importante emergerà dalla mia testimonianza dei fatti che voglio esporti perché, accingendoti a scrivere un libro, tu possa avere un'idea precisa di come sono andate le cose, senza incorrere in errori già publicati da altri illustri tuoi colleghi non sempre correttamente informati.
Il discorso che segue, vale sotto certi o aspetti, non solo per Geppo ma per tutte le altre pubblicazioni che hanno subito la medesima evoluzione produttiva. Per cui, le date dei vari interventi collaborativi potrai tenerle presenti in tutte le schede dei vari personaggi che dovrai compilare . Nel caso ci risentiremo caso per caso.
Stiamo parlando di due decenni in cui avvennero cambiamenti radicali nel mondo e nel nostro Paese, ispirati da fermenti culturali e politici che rivoltarono le nostre coscienze.
In uno dei primi anni'60 (tu affermi che sia il 1961, io avevo in mente il 1962 ma posso sbagliarmi) insieme con Sangalli, si decide di dare luogo alla pubblicazione Geppo, che l'editore vede di buon occhio. Dentro questa pubblicazione ci saranno storie di Geppo e di altri personaggi, alcuni di mia creazione (si può controllare: Io ho anche il n1, per la cronaca).
Le intenzioni sono di creare qualcosa di nuovo, impostato su un umorismo popolare piacevole e comprensibile, non senza rubrichette curiose. Quello che si può fare, insomma con tutte le buone intenzioni di allora attorno a un personaggio che promette bene.
Per la parte Geppo, si occupa Sangalli con suoi testi e i disegni, in quanto lo ha già sperimentato in storie secondarie su Soldino. Non ricordo se fosse già entrato in scena Dossi, come ripassatore di Sangalli. Si può sentire lui.
Si va avanti alcuni anni così, con alti e bassi, inserimenti di materiale vario, in quanto a volte non ce la facciamo a trovare tempo per la regolarità del tutto. Era un po' la prassi normale in una casa editrice senza una minima programmazione produttiva, in cui spesso si doveva intervenire a tappare buchi sulle varie pubblicazioni.
Presupposti iniziali
Erano tempi improntati da una rigida concezione moralistica quando i temi dei fumetti per ragazzi si riducevano spesso a elementari rappresentazioni del "volemoce bene" a livello del restituire un portafoglio ritrovato per strada o mettere in prigione un ladruncolo di polli. Gesti di bontà in contrapposizione agli atti deprecabili di personaggi disonesti. Non esisteva ancora la possibilità di un'analisi sulle cause sociali che determinavano i giudizi. I buoni stavano da una parte e i cattivi dall'atra.
Questa impostazione emerse abbondantemente in quelle prime storie di Geppo, dove una censura, ereditata dal passato e condivisa dai più, imponeva restrizioni di vedute considerate poco ortodosse. Questo periodo corrisponde alle storie scritte e disegnate da Sangalli fino agli ultimi anni '60.
Sangalli ebbe comunque il merito di avere rimarcato una struttura infernale di ispirazione dantesca in grado di sostenere una continuità di situazioni. Inoltre, l'aver affiancato a Geppo i personaggi di secondo piano, già da te ben descritti, che davano spunto a storie ricorrenti.
Quando decidemmo di assegnarci degli specifici compiti organizzati, nell'ambito della produzione per la casa editrice, nella seconda metà degli anni '60 (devo controllare quale anno preciso), io assunsi l'incarico di scrivere le storie per i vari disegnatori, con lo scopo di rendere più fluida la produzione.
In ambito Geppo, iniziai a scrivere storie per Sangalli (non molte) e per Dossi che, abbandonato il ruolo di ripassatore di Sangalli, si era reso autonomo anche nel disegno.
Cambio di marcia
Ora, che cosa rappresentò per la casa editrice questo nuovo assetto? Anzitutto una maggior produttività per i disegnatori ma anche un grosso cambiamento nell'impostazione dei soggetti e nello sviluppo delle sceneggiature in generale.
Era ovvio che essendo un'altra persona a scrivere i testi, cambiavano anche i contenuti consueti delle storie. E, potendomi dedicare quasi esclusivamente ai testi, io profondevo le mie energie creative in questa parte del lavoro, cercando nuovi stimoli per me che ovviamente trasmettevo ai disegnatori.
In corrispondenza, i disegnatori facevano la stessa cosa per la loro parte disegnata, potendo dedicarsi maggiormente al miglioramento dei contenuti illustrativi.
Incredibile! Il prodotto Bianconi ora si preoccupava della qualità, pur con qualche eccezione giustificata dai ritmi serrati del lavoro. Il rapporto collaborativo favoriva il confronto e una positiva proposizione di miglioramento generale.
I contenuti testuali.
L'inferno di Geppo, già strutturato come gerarchia aziendale, era il campo ideale per infilarci le problematiche della vita con evidenti riferimenti all'attuale della nostra esistenza terrena.
Lo aveva fatto anche Dante, seppur con diversi presupposti, infilando nel suo inferno tutti quelli che gli stavano sulle palle. Cosa che noi non potevamo fare, non avevamo titolo né statura artistica per erigerci a giudici degli atti altrui. Tuttalpiù potevamo trattare i dannati con simpatica ironia, povere vittime di soprusi da parte dei diavoli, e in questo forse eravamo più umani rispetto all'integerrima severità giustizialista del sommo poeta. Questo aspetto mi pare lo abbia notato anche te.
Noi eravamo portatori del messaggio cristiano del perdono, schierati dalla parte dei dannati, oltre che con il loro paladino Geppo.
Perché la Chiesa non ci potesse vedere di buon occhio rimane un mistero. Forse perché rubavamo clienti al giornalino della parrocchia?
Nessuno infatti può negare che, in quel decennio del '70, la diffusione di Geppo raggiunse l'elevato standard che durò molti anni.
il rapporto con Dossi
Come già accennato, verso la fine degli anni'60, Sangalli lasciò completamente a Dossi la sua eredità di Geppo per spostarsi verso Braccio di ferro, Provolino, ecc.
E qui esplose il massimo della creatività per le storie di Geppo, in quanto trovai in Sandro un interprete ricettivo delle idee che scaturivano dai testi. Doveva ancora affinare il suo stile, ma la sua abitudinaria osservazione del lavoro dei grandi del fumetto lo indirizzava verso soluzioni grafiche più varie e ricercate. Inoltre, lo scambio di opinioni e discussioni, che avevamo tra noi, fu certamente uno stimolo di approfondimento e di ricerca di nuove situazioni, anche scabrose per quei tempi, che ci avvalsero quella già citata avversione da parte delle parrocchie ma nello stesso tempo ci posero all'avanguardia nella pubblicazione di storie che altri albi a fumetti della fattispecie nemmeno si sognavano.
Affrontando i temi più disparati, da Adamo ed Eva all'uomo di Satana (Frankenstein in versione inferno), dall'arrivo di Dante all'inferno parlata in rima al figlio di Satana e molte altre, si arrivò verso la fine degli anni'70 con un bagaglio di storie incredibili, quando il nostro team si disperse nella fatalità delle vicissitudini umane, come gli amori che nascono e si infrangono per cause di naturale incomprensione.
Rimasero quelle storie indimenticabili che continuarono ad essere ristampate anche negli anni successivi, nel contempo che Sandro e Loredana proseguiranno scrivendosi le loro storie ugualmente indimenticabili, da te già elogiate nella tua prefazione.
Purtroppo, lo stesso ardore critico non hai dedicato a nessuna delle centinaia di storie straordinarie degli anni '70 che avevano determinato il successo di Geppo, lasciando un ricordo indelebile nei lettori. Neanche una tua parola per quel decennio, il più importante, come se non fosse esistito. L'anello mancante della catena.
Per finire, Sangalli si riprese la propria parte, proponendo un Geppo ultima maniera, molto diverso dal suo buon diavolo pacioccone dei primi anni '60, che aveva acquistato particolare grinta, un po' in contrasto con la bonarietà del personaggio originale.
Certamente, gli stimoli che si riversavano da più parti nella casa editrice, ormai al suo declino, erano più che altro dettate dalla presunzione d'avere in mano la bacchetta magica per salvare la situazione e Sangalli ne rimase forse condizionato. Ma la dinamica evoluzione del suo stile grafico fu comunque apprezzabile.
Ecco fatto. Io ti ho scritto il mio libro e ora scrivi il tuo, con la raccomandazione per un'esposizione dei periodi cronologici più attinente al vero.
Un carissimo saluto. Grazie per quello che stai facendo e che mi auguro continuerai a fare sempre con passione.
Alberico
Grazie per questo fantastico dietro le quinte, sei la memoria storica della Bianconi. Motta ti avrà forse un pochino "bastonato", come dici, ma mi pare che in filigrana criticasse un po' anche l'editore.
RispondiEliminaContinuerò. L'archivio é vasto. Da notare quanto scrivesse bene Alberico.
EliminaSì, l'avevo notato, pur in un'occasione informale come uno scambio di corrispondenza.
EliminaBellissimo documento, grazie per la condivisione.
RispondiEliminaIo ancora mi commuovo quando leggo queste mail
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