19/07/13

Mio Dio, come sono caduta in basso!-1974-Regia di Luigi Comencini****





Visto ieri notte su Raimovie.
L’afrore, l’umido della Sicilia, gli splendidi panorami di sterpaglia e mare ed il caldo dell’estate che risveglia gli ormoni.
La splendida  Eugenia Di Maqueda, interpretata da Laura Antonelli,  convola a nozze con  il  marchese Raimondo Corrao, un immenso Alberto Lionello.

I preparativi della prima notte di nozze giungono al culmine, il nobile siculo è pronto a deflorare le grazie dell’ingenua giunone che aspetta sul talamo.
Una telefonata…la chiesa…Raimondo! Fermati! Eugenia è tua sorella!
Un velo scuro sul magico ed agognato momento…o il suicidio o la castità (che per me pari sono).
La verità per motivi patrimoniali non può essere svelata ed i due decidono per la seconda orribile scelta.


Eugenia è stata creata donna, e che femmina!
Un continuo dibattersi tra santità e carne, in cui spesso vince la seconda.
La natura è natura e Dio, ne sono sicuro, è stato spesso travisato dal Vaticano, probabilmente per proprio profitto…come fai a rendere l’umano schiavo? Rendi peccato una cosa che tutti fanno e a cui è impossibile rinunciare, ovvio.
Il paraculissimo Silvano (Michele Placido), autista della signora provvederà  alle vulcaniche esigenze della stessa.


Non spoleiro il finale.
Mai troppo può essere lodato Luigi Comencini, mago del grottesco che con questo film, grande insuccesso commerciale nelle sale italiane e ricordato dalla critica dell’epoca soltanto per la vena comica, firma uno spaccato storico e morale dell’Italia del primo novecento da premio.
Sfortunata Laura Antonelli che le forme abbondanti hanno relegato nell’immaginario collettivo soltanto come una delle tante bonone del cinema anni settanta ma che in film come questo mostrava doti recitative seconde soltanto alla grandissima Monica Vitti.


Fotografia di un epoca imbevuta di D’Annunzismo dove le parole contavano più del reale, il sesso visto come peccato ed un mondo finto dove l'eterna lotta  tra anima e corpo poteva  portare fino alla follia.
L’ardore erotico entrava in combutta con gli insegnamenti del clero, come facevi a convincere una donna viva e focosa che l’unica via  virtuosa  è quella della castità mentre il suo corpo urlava di desiderio?
Gli unici saggi della storia sono i campagnoli, i semplici, quelli che per tempesta non intendevano quella dei sentimenti ma quella della pioggia battente ed il desio per loro era soltanto un declinare altisonante del diretto “Fottere”.
Il poeta Gabriele è disegnato come una rockstar, alcune gag sono divertentissime come quella del denudamento d’Eugenia in un casolare prima della copula con Silvano, minuti su minuti per togliere corsetti, giarrettiere, mutandoni, busti, sottane…alla fine gli amanti sfiniti ridurranno gli abiti a brandelli con morsi e coltello.


Una figura che vale la pena ricordare è quella dell’inglese Evelyn, interpretata da una giovane e bellissima Karin Schubert, una Lucignola per la povera Pinocchia Eugenia.
Karin impersona il futuro, una giovane  gaudente che sembra venuta dalla Woodstock degli anni sessanta per  distruggere tutte le certezze della bigottona sicula, regalandole anche un assaggio d’amore saffico.


Non vedremo mai più commedie di tale levatura, ricerca e cura…facciamocene tristemente ragione.

1 commento:

  1. Agli inizi degli anni 80 (circa) è uscita per la Edizioni Tropici una versione Hard molto, molto simile (diciamo che sembra totalmente ispirata) al titolo sopracitato. Il titolo è "A Scent of Heather" Per chi volesse...

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