Riporto i testi delle mail per esteso:
Io: Ciao Alberico, ho sotto mano Soldino n.22 del 1965, c'è una tua storia intitolata " i tre evasi" i personaggi sono identici ai Neroni tranne che per abbigliamento e mascherina ( che non portano). Sono la base usata da Del Principe per i personaggi? Ciao, grazie
Alberico:
Salvatore,
mi fai vedere delle cose che preferire non vedere mai più, tanto son brutti i disegni. Era un periodo di traballamenti dove passavo da una pubblicazione all'altra senza trovare un punto di riferimento. Quel periodo di Soldino, che mi costringeva a calcare le orme di un Del Principe per tappare i buchi che lui non riusciva a chiudere, furono anni vorrei per sempre dimenticare. Avevo la nausea dei fumetti in quel tempo, costretto ad abbandonare i miei personaggi dei primi anni '60, dovetti rimanere attaccato al carrozzone con quello che passava il convento.
Poi, il sole mi riportò qualche raggio di luce e presi confidenza anche con l'Abelarda tirando fuori delle storie carine, come quella serie di Malvagik, il criminale nero ispirato a Diabolik che dava un po' di respiro alla stantia banda Neroni aveva rotto le p... con il monotono assalto alle banche. Con Malvagik ebbi modo di sganciarmi dagli schemi triti e ritriti che Bianconi approvava senza neppure più avere tempo di leggere le storie e nasceva la necessità di dare una svegliata a tutta la baracca. Così mi affidò l'incarico di scrivere sceneggiature anche per gli altri disegnatori.
Nel frattempo, affinavo lo stile anche su Abelarda, e partivano tutti i lavori sulle testate Bianconi dei quali non è opportuno dilungarci in questa sede.
E, per tornare in tema, completai il mio ciclo di Abelarda che andò per un certo tempo a sostituire perfino le prime storie di Del Principe. E parecchie erano belle davvero, ma in quel mare agitato che era la Bianconi, era anche difficile distinguere il bello dal brutto.
Non ti invidio per l'impegno che ti sei tirato sul groppone, Salvatore mio. Qui mi stai dimostrando che ti puoi arenare sugli scogli sperduti invece di dedicarti alle isole felici di cui vale la pena di parlare.
Mettere insieme la storia di Abelarda consultando fiumi in piena di storie ricuperate da vecchi stampati ammucchiati nelle soffitte è opera improbabile quanto impossibile. Ti può capitare per le mani di tutto e, come il niente di quello che conta, cioè di cui vale la pena di perderci tempo. Magari ti posso fare una breve storia di quella che io ho vissuto di persona e che potrà esserti utile per tracciarti la rotta.
Se hai già parlato di Carpi, va bene. Della nonna ha scritto e disegnato l'apoteosi della vecchiarda. Checché se ne dica non se ne parlerà mai abbastanza, purtroppo per noi. Lui è esploso lì, come un'atomica nel mondo dei fumetti e ha lasciato il segno. Certe sue storie erano extraterrestri, ma in quel tempo si usava tagliare gli originali, cambiare formato e farle rifinire da altri, addirittura incollando le teste fatte da altri al posto di quelle originali. Cosicché non sono molti ormai quelli che si ricordano delle storie integre di Carpi. Gli altri suoi contemporanei bianconiani, sono stati offuscati dalla sua luce e possono apparire come onesti professionisti, nulla di più. Del resto hanno fatto poche cose, seppur apprezzabili, nella Bianconi. Parlo di Gatto, Chierchini a altri che certamente conosci meglio di me.
Ultimi anni '50. Del Principe ha preso in eredità l'Abelarda cercando un'affinità con lo stile grafico del maestro disegnatore ma, insieme ad una mano con uno splendido e velocissimo pennello, non ha potuto eguagliare il modo di raccontare del Carpi. Ed anche i bravi sceneggiatori che si sono avvicendati dopo, da Gazzarri a me compreso, non hanno saputo o potuto continuare quella scuola per molte ragioni, tra cui l'assiduità delle consegne. Dal canto suo, Bianconi, non riuscì ad apprezzare adeguatamente Carpi dal punto di vista diciamo artistico, poiché nell'arguzia senza freni e gli scoppi di violenza incredibili, non era autore adatto al suo pubblico. Abelarda divenne quindi nel tempo un personaggio dei tanti, ricco di storie fatte bene o male da artigiani del fumetto, più o meno esigenti alcuni o attrezzati al ricalco altri.
La mia qualità che penso meriti di essere ricordata è in una serie di belle storie da pescare nel corso degli anni più avanti, della mia discontinua produzione del personaggio. Se vuoi qualche esempio posso mandarti scansioni di tavole originali.
Contemporaneamente, nella seconda metà degli anni'60 cominciai una costante e continua fornitura di sceneggiature a Del Principe e di testi scritti per Colantuoni.
La collaborazione con Del principe rientra nella normalità di un'attività di tipo quasi industriale. Lui era il massimo esponente della rapidità esecutiva, così come era vulcanica la sua indole. Uno che sparava letteralmente le storie in redazione alla velocità della luce. Ormai erano lontani i tempi iì dello stile carpiano ed ora i suoi modelli erano da ricercarsi nell'America di Hanna e Barbera, e del fantasmino Casper a cui si ispirò per l'immagine di Soldino. Era quindi cambiato lo stile e il mondo di Abelarda, ora più familiare che non paladina del re di Bancartotta: il rapporto tra nonna e nipotino, insomma. Del resto, la ripetitività sfuggevole delle soluzioni disegnate non ispirava più di tanto che avventure entro i canoni dei generi d'avventura più scontati.
I personaggi non si prestavano alla battuta o a problematiche di vita ma alla pura azione di movimento che portava irrimediabilmente alla scazzottata.
Un autore sempre allineato al suo standard di alto livello fu l'amico Colantuoni. Lui amava scrirversi le suo storie in modo empirico, immaginandole nella mente mentre abbozzava gli schizzi a matita sul retro del fogli da disegno, che poi riportava dall'altra parte del foglio dentro i tracciati delle vignette. In questo modo i disegni definitivi risultavano speculari agli schizzi. Ma tant'è, la sequenza non cambiava. Poi si scriveva quattro parole in romanesco nelle vignette da cui qualcuno doveva ricavarci un testo scritto come si conviene. A dire la verità, sarebbe stato meglio tenersi quelle quattro prole che ti facevano sogghignare per l'ironia delle espressioni dialettali. Io feci per molti anni il traduttore in italiano delle sue storie ed ero sempre felicemente stupito dalla sua capacità di sintesi nell'esporre le situazioni popolane della sua narrazione. Eh,si. Lui era come me, venuto su da piccolo negli anni della guerra tra disagi e sogni di raccontare i propri sogni agli altri ragazzini. Mi ritrovavo perfettamente nelle sue storie, anche se lui era romano di un altro pianeta rispetto al mio della bassa Brianza. Penso che lui non avrebbe potuto trovare un altro più adatto di me per tradurre in una lingua comprensibile le sue storie, che anch'io stesso avrei potuto inventarmi. Grande autore, finito poi a illustrare le storie di Topolino che certamente non meritava di fare. Lui è stato quello là, quello dell'Abelarda inflessibile che menava sberle atomiche a chi non rigava diritto, nella fattispecie i suoi antipatici Nik e Nok e l'imprevedibile scimmione Bongo che faceva scintille per una banana. E proprio qui affioravano gli anni lontani quando, ragazzino adolescente, doveva solo accontentarsi di sognare la banana in un severo collegio governato certamente da qualche Nonna Abelarda. Fumetti di vita vissuta.
Quando più tardi io stesso gli scrissi delle storie per la testata Bongo, mi ritrovai nelle medesime situazioni divertendomi come non mai, tanto che sperimentai gli storyboard per suggerirgli le sequenze della storia attraverso degli schizzi, proprio come faceva lui quando abbozzava le storie a memoria attraverso i suoi schizzi sul retro dei fogli. Affinità elettive.
Luciano Capitanio lo conobbi di persona quando Bianconi mi teneva in redazione tutta la giornata pensando che avrei potuto prendere il suo posto. Ma quando sondò apertamente il terreno, io gli feci capirei che non ero innamorato della sua poltrona di pelle nera. il mio sogno era di raccontare storie ai ragazzini, pertanto doveva accontentarsi di quella mia parentesi d'ufficio.
Capitanio si presentò quindi da me e facemmo conoscenza, che poi divenne amicizia. Ammetto che non mi piacevano le ultime storie di Abelarda che consegnava. Ne ricordavo di precedenti belle e divertenti, con quel suo tratto fresco e semplice. Storie che si leggevano volentieri. Da qualche tempo però facevo fatica a fargliele passare e mi ritrovavo a dover correggere personalmente dei difetti propri di un apprendista. Ad una sua richiesta di una maggiore assegnazione di storie, io gli esposi apertamente il problema e lui allora aprì il libro dei suoi crucci. Aveva bisogno di maggiori guadagni per pagare un'intervento chirurgico del figliolletto, a cui teneva più della sua vita, e per questo si faceva aiutare nel lavoro da un ragazzo che ovviamente non era ancora al massimo della sua preparazione. Di fronte a questo ci accordammo su un aumento di storie da passargli finche lui non avesse risolto il problema. Non essendoci una programmazione documentata della produzione Bianconi poteva entrare qualche storia in più senza che nessuno se ne accorgesse, poi le avremmo smaltite nel tempo.
Successivamente, le sue visite si fecero più rare finché non lo vidi più. Poi, seppi della sua scomparsa. Era riuscito a compiere quel dovere nei confronti del figlioletto e alla sua vita era bastato quell'atto eroico per assolvere il compito terreno. Forse non fu una grandissima stella nel firmamento dei fumetti ma certamente tra le stelle in cielo se n'è accesa una di più.
Curiosità per fumettari: quel ragazzino che aiutava Capitanio nelle storie di Abelarda sapete chi era? Se non ricordo male, un certo Cavazzano. Per sicurezza provate a chiederglielo.
Se ti vien in mente qualcos'altro...
Velocemente:
Per Del Principe ho scritto tutte le storie a partire dagli anni'60, di preciso posso controllare ma, cavolo, devo trovare il tempo. Poi nella seconda metà dei '70 si è fatto scrivere le storie da non so chi... roba da dimenticarle.
Per la lista va bene, controllerò: Io ho le fatture dei lavori fatti e diritti di ristampa per cui posso anche completartela o perlomeno aumentartela.
Il mio lavoro è stato anche di coordinamento in redazione per alcuni anni, lavoravo in ufficio e poi a casa di notte. Cazzo! Non farmi ricordare quanto tempo ho lasciato in quella baraonda! Ma è stato bello.
Tarantola avevo chiamato le prime storie tappabuchi del futuro Nerone. Migliorò l'aspetto qualche anno dopo, quando venne ripreso col nome di Nerone.
Di Topo Bigio e Maramao ho fatto le storie di 3 numeri usciti nel 197...boh! Roba estiva, mi pare che anche Sandro avesse fatto delle storie. Alcune mie sono tra le più belle mai disegnate. Tavole da esposizione che conservo con cura. Lavori passati via come l'uomo invisibile. Riguardo a possibile omonimia, tra migliaia di cose fatte può succedere.
Ciao
Alberico di notte
Questo post è oro colato, grazie Salvatore. Fa comunque dispiacere leggere delle condizioni non idilliache presso Bianconi, anche se Motta dice che furono anche begli anni. Incredibile il metodo di lavoro di Colantuoni, praticamente il metodo Marvel all’amatriciana. Veramente toccante la vicenda di Capitanio; io ricordo che Cavazzano fece l’apprendistato da Romano Scarpa ma una cosa non esclude l’altra.
RispondiEliminaTra l’altro non mi pare che le tavole che hai postato siano così brutte come dice Motta.
Motta era pignolo. Poi come scriveva pare si divertisse a creare storie dei propri personaggi. Da questa mail noto che non era per nulla felice di fare soltanto lo sceneggiatore. Era uno sperimentatore, era ad esempio fierissimo del Big Robot. Il suo capolavoro Bianconi per me resta però Pierino
EliminaSe non ricordo male avevi parlato di Big Robot in termini molto positivi qui sul blog.
EliminaSi lo adoro
Eliminaed invece no! Cavazzano ha iniziato a bottega proprio col cugino Capitanio per poi arrivare da Scarpa qualche anno successivo.
Eliminacerto che un simile Maestro non ce lo vedo essere così cane da costare quasi il lavoro a Capitanio, neanche ai 12 anni che Wikipedia riporta come data degli esordi...
Del Cavazzano giovanile io ricordo di aver visto alcune tavole con due personaggi bambini (forse indiani o cinesi), uno mi pare si chiamasse Lupo Nero. Beh... doveva ancora farne di strada! Ma d'altra parte era giovanissimo.
Eliminasarà stato anche 3-4 anni più grandicello (comunque sempre minorenne!), ma lo stesso Scarpa è migliorato tantissimo grazie alle chine di Cavazzano, guadagnandone in dinamicità... quindi non penso che fosse poi così scarso come viene dipinto, neanche a 12 anni...
EliminaQuest'intervista non fa che confermare quello che penso da tempo: Bianconi & Co. erano le vere "scuole del fumetto", dove tanti abili autori potevano fare esperienza. Un modo per svezzare grandi artisti e meno grandi, dando loro un lavoro onesto che avrebbe COMUNQUE mantenuto i più prolifici...
RispondiEliminaCon un paragone calcistico immeritato, ma era un po' la Serie B dove un calciatore può farsi le ossa per poi sbarcare in Serie A (Disney soprattutto) una volta maturo. Oggi invece manca questa categoria "di passaggio" e quindi o fai una tripletta all'esordio in Champions League, oppure non lavori proprio...
Al di là dei paragoni calcistici che mi sono oscuri, mi pare che hai centrato il punto: non esistono più le cosiddette "palestre", riviste dove gli esordienti potessero farsi le ossa in attesa di sbarcare su pubblicazioni più dignitose e remunerative. Ma sono quarant'anni ormai che è così. Però pensavo che Bianconi permettesse di vivere dignitosamente, almeno ai big della sua squadra.
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