10/06/13

L’ANATROCCOLO GIMBO N. 7 Settembre 1955 Editrice Periodici Italiani Lire 80****



NIcola Del Principe?


Pur essendo una testata umoristica  minore con evidente intenzione di rincorrere il fortunato Topolino della Mondadori, identico anche per formato e spillatura,  la cura profusa dagli autori nel realizzare questa serie  la rende una vera piccola gemma.
L’albo in oggetto fa parte della prima serie pubblicata per 13 numeri nel 1955, la produzione di Gimbo è comunque ben più vasta contando la bellezza di 99 numeri.
I fumetti contenuti in questo giornalino non sfigurano rispetto alla produzione italiana Disney  , Del Ponte (futura Bianconi) e Alpe del periodo.
Gli autori sono conosciuti e in seguito approderanno a case editrici di maggior prestigio rispetto alla Casa Editrice Periodici Italiani.
Molti  personaggi sono di chiara ispirazione americana, alcune tavole all’occhio attento risulteranno, per posture e fisionomia ricalcate dai comics (come vedrete dopo) ma le sceneggiature hanno la tipica “cattiveria” tutta italiana.
 
I protagonisti di quest’albo:

Il pennuto di colore Gimbo corredato da ovvi nipoti è graziato dai disegni di Walter Cremonini  e Nicola Del Principe.
L’uccello  non è scaltro come Daffy Duck né simpatico come Paperino.
Il papero disneyano è di solito sfortunato e non deficiente, Gimbo è codardo , sfigato e parecchio stupido. La storia di cui è protagonista  è l’ennesima rivisitazione del Prigionero di Zenda che è stata sviluppata meglio in casa Disney da Gottfredson o da Pierluigi Sangalli (ed Alberico Motta?) negli albi Bianconi. Comunque grandi le tavole di  Del Principe e Cremonini.


  
DAN TEMPESTA di Giuseppe Perego . Il piccolo monello protagonista assieme al suo amichetto Jack Veleno è prigioniero di Nonno Mefisto, vecchio despota e manesco di matrice fascista che li mena a non finire e li sfrutta come schiavi. Altro che i buonisti vegliardi delle pubblicità e i genitori schiavetti dell’ultimo secolo.
Educazione spartana degna di 300.
Fanciulli educati a vergate e al lavoro nei campi. 

Giuseppe Perego


TIGRINO E PECCHIO di Luciano Capitanio (firmata): altro tratto celebre di un autore che disegnerà per Disney e Bianconi con ottimi risultati. I personaggi sono di maniera, Tigrino ricorda il rivale del disneyano  Elmer Elephant (Fuffo in Italia...mi pare di ricordare)  ma il coprotagonista  Pecchio è folle quasi quanto il Woody Woodpecker di Walter Lantz è risulta decisamente più simpatico della versione non animata del classico statunitense  che nei comics, lasciatemelo scrivere, non ha mai brillato per storie memorabili anche se ben pennellate.

Luciano Capitanio

PUTIPÙ di Francesco Pescador (firmata), eccellente parodia umoristica del western che in quel periodo era il genere di fumetti più amato, per certi versi mi sembra precursore di alcune cose di Luciano Bottaro.

Francesco Pescador

MAMMI : mi pare d’intravedere qualcosa di Del Principe in questa famiglia di coniglietti ma potrebbe essere qualcosa di puramente yankee visto che anche qui abbiamo pose  e personaggi che ricordano troppo il tratto di  Harvey Eisenberg.

Un clone di Barney Bear?

CANFORA di Ernesto Piccardo, il più bastardo caprone che mi sia capitato d’incontrare nei fumetti, una storia cattivissima. Canfora è un criminale asociale e quello che gli preme e soltanto la sua tranquillità , il comune per raccogliere fondi per gli orfanelli decide di costruire un Luna Park nelle vicinanze dell’abitazione del cornutone. Il terrorista decide di fare una strage di bambini decidendo nottetempo di sabotare le montagne russe….brividi!
Le tavole di Piccardo , come avevo lasciato intuire sopra sembrano  “lucidate” dalle storie americane di Lupo Ezechiele di Paul Murry , anche molti personaggi minori ricordano Lupetto o i Tre porcellini, la cosa strana è che il tratto sporco e l’inchiostratura dettagliatissima dell’autore fanno  sembrare il tutto più interessante (almeno per me)  e curato dell’asettico originale.

Ernesto Piccardo


PAGOPOI di Francesco Pescador (firmata), penso  sia l’unico fumetto umoristico mondiale dove il protagonista è un esattore delle tasse che viene pestato a sangue e rincorso con armi da fuoco  dai commercianti. Storia attualissima che potrebbe essere ripubblicata sostituendo il simpatico animale antropomorfo con un dipendente di Equitalia.

Francesco Pescador


La serie se mantiene le promesse dell’unico albo di cui sono al momento in possesso me gusta e mi sa che qualche dindino glielo spendo volentieri.

Francesco Pescador

13 commenti:

  1. A me, in "Mammi", pare di intravedere il segno di Luciano GATTO!!!
    O forse un Bottaro ( ma non mi pare abbia lavorato su "Gimbo"...).

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    1. La guida del Bono non indica ne Gatto ne Bottaro come autori di storie pubblicate su Gimbo

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    2. Fabrizio ho chiesto a Luciano Gatto su Fb e mi ha gentilmente risposto che non è opera sua, non ha mai lavorato per Gimbo.

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    3. Nel frattempo ho chiesto anche a Luca Boschi.

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  2. Sinceramente non conoscevo.
    Noto alcuni elementi della Warner Bros.: è un disegno molto piacevole. Vorrei recuperarlo

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    1. Più che la Warner insegue la Disney, non è una serie inacquistabile penso che la media giusta del prezzo per singolo albo sia intorno ai cinque euro che è la cifra che ho speso io per comprarlo al mercatino , nelle fiere o nelle fumetterie se lo trovi penso ti pelino per bene.

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  3. Roba inedita per me...
    Su Ebay ci sono una decina di albi di prezzo non sempre (anzi diciamo quasi mai) abbordabile.

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    1. Scarpa lavorava per la Disney Mondadori dal 1953...mi pare strano che facesse un passo indietro.

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  5. Non conosco questi vecchi numeri, ma di Gimbo avevo acquistato, all'inizio degli ani '70, un fumetto dal formato quadrato, analogo a quelli francesi di Pif, Placid et Muzo eccetera che magari qualcuno ha presente.
    Era un personaggio abbastanza simpatico e divertente, per quel che ricordo. Più che stupido un po' sbruffone, forse.
    I disegni che accompagnavano i giochi e i test ricordavano lo stile di Peroni, ma ignoro se i fumetti fossero ristampe o materiale nuovo ( per l'epoca ).

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  6. Pagopoi ricorda un pò Serafino ... Ben 99 numeri: quante cose, di autori anche noti, che vanno perdute (a parte l'Archivio di Stato immagino), ci vorrebbe un archivio anche solo digitale per catalogare e salvare le pubblicazioni degli editori scomparsi.

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