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03/10/12

Il Re delle Tenebre – Albo d’oro n° 132, 20 novembre 1948-recensione di Luca Lorenzon




Nonostante il titolo e l’illustrazione di copertina Il Re delle Tenebre non è un fumetto horror o bellico ma un racconto di fantascienza che sconfina un po’ nello spionaggio e molto nell’esotismo. Non si tratta di una storia a se stante, ma di un tassello di una vicenda più articolata che è cominciata nel numero 75 degli Albi d’oro per poi proseguire sul 77 e sul 127. I protagonisti Niko e Daniele inseguono i due arcinemici Will Sparrow e Mark Park ma questi riescono a seminarli e a fuggire nel cuore di una Cina contaminata da suggestioni fantasy e da certe inevitabili (visto l’anno di realizzazione) semplificazioni propagandistiche. Trovato il tesoro di Marco Polo (!) i due malfattori hanno i fondi per completare le loro ricerche su un’arma fantascientifica.


Coerentemente con altre opere a fumetti di poco precedenti, come Virus il mago della foresta morta o Saturno contro la Terra, e anche come certo cinema hollywoodiano classico, il vero protagonista non è il “buono” ma il criminale e infatti facendo una rapida ricerca su internet ho scoperto che la serie è intitolata proprio a Will Sparrow[http://www.cartesio-episteme.net/gial/Albidoro.htm].


L’arma definitiva ideata dal bad doctor è un marchingegno che permette di creare le tenebre a piacimento (da qui il titolo), con cui l’aviazione e la marina orientali dovrebbero avere la meglio sulle forze americane. Chiaramente non andrà così e anche a causa di un intricato gioco di spie che coinvolge il Giappone alla fine i malfattori si troveranno divisi e costretti a collaborare sotto minaccia della vita con due schieramenti in lotta, fino al loro ricongiugimento finale.
Il fascino della storia risiede nell’ingenuo esotismo di cui è intrisa e nel ritmo incalzante con cui viene portata avanti. Anzi, in certe parti sembra che tra il progetto di una nuova invenzione diabolica e la sua realizzazione trascorra un battito di ciglia. I personaggi sono caratterizzati piuttosto bene (interessante come la coppia “cattiva” rispecchi quella “buona”: in entrambe c’è un tizio coi baffi) nonostante nessuno brilli particolarmente per originalità, tranne lo stesso Will Sparrow geniale inventore.


Dal punto di vista del disegno lo stile è un po’ scarno ma efficace, con un sapiente uso del chiaroscuro; negli sfondi si nota talvolta un certo senso di vuoto, compensato in altre (poche) vignette dalla cura con cui viene disegnata una giungla, una montagna in lontananza oppure i dettagli di una nave. I personaggi non sono particolarmente espressivi ma quanto basta per non renderli anodini. In molte occasioni è evidente come il disegnatore abbia fatto ricorso al tavolo luminoso (o a qualsiasi artificio analogo si usasse all’epoca) per riproporre alcuni volti e posture. Da notare come in più di una occasione il tratto o l’inchiostrazione forniscano ai personaggi maschili un accenno di seno, non arrivando per fortuna agli estremi di Rob Liefeld in quel famigerato disegno di Capitan America ma comunque ottenendo un certo effetto straniante.
Il fascicolo è in bianco e nero eccezion fatta per le pagine 16 e 17 (colori assolutamente superflui a mio parere) e a intervalli regolari viene presentata come un ossessivo mantra a piè di pagina la pubblicità del Diario degli Amici di Topolino.
In quarta di copertina viene ospitata la nona tavola/puntata de La Primula Rossa del Risorgimento di Cesare Zavattini (nientemeno!) e Pier Luigi De Vita, costretta su tre striscie invece che quattro per far posto alla pubblicità e assolutamente incomprensibile senza aver letto le puntate precedenti.



Il tutto a opera di tale Straelen, su cui non sono riuscito a reperire alcuna informazione. Da notare come questo fumetto venisse presentato come «romanzo», ed eravamo ancora nel 1948.
Il rigattiere di Trieste che mi ha venduto questo Albo d’oro mi ha assicurato che si tratta di una copia originale dell’epoca e non di una ristampa successiva. Pagato 10 euro contro i 20 a cui a suo dire lo vendeva solo qualche giorno prima. Fa fede l’abitudine barbara di scrivere a matita il costo direttamente sull’albo, qui quindi ulteriormente deturpato dal ripasso col prezzo ribassato.