Il buon Antonio Marangi mi ha inviato uno Sbam!link con risposta al mio post precedente.
Io argomento a mio modo (sempre di panza e da lettore).
In blu le parole di Antonio, in nero le mie idee:
Sono d’accordo con l’amico Salvatore su molte cose, la sua
analisi dei motivi che hanno fatto scendere drasticamente il numero dei lettori
di fumetti è certamente condivisibile. Quello su cui invece personalmente
dissento è la conclusione cui arriva: a mio parere, il Fumetto (uso volutamente
la maiuscola, come politica di Sbam! per evidenziare il genere) non è morto, ma
si è semplicemente evoluto. In meglio o in peggio è un altro discorso, ma
certamente è un media che sta cambiando.
Una volta, qualsiasi bambino leggeva fumetti. Per forza: non
aveva alternative. tv-dei-ragazziNoi bambini degli anni Settanta uscivamo da
scuola alle 12.30 e – a compiti conclusi – avevamo parecchie ore libere
davanti. Ogni pomeriggio, attendevamo come la manna la mitica TV dei ragazzi,
che però cominciava solo alle 17 e durava un’oretta. Il resto del tempo si
divideva dunque tra il pallone (o gioco equipollente per le bambine) e, appunto,
la lettura dei fumetti, che infatti aumentava esponenzialmente nei mesi
invernali, limitata solo e unicamente dall’esaurirsi della paghetta settimanale
e/o della munificenza (o della possibilità) genitoriale. Non a caso, erano gli
anni del boom della Bianconi, della Alpe, dell’Editoriale Corno…
L'evoluzione del fumetto, a mio avviso, lo trasforma in altro, un e-comic è un disegno animato, come lo erano i vecchi corti della Marvel che passavano su SuperGulp!. Negli anni settanta è vero che si aveva meno alternativa, niente videogames o cartoni animati h24, però uno dei motivi per cui gli albi erano di massa era proprio il prezzo, un giornalino costava quanto una brioche, tutti potevano permetterselo, anzi se acquistavi i resi in 3x2 Bianconi o Cenisio il costo ad albo era irrisorio. Lo stesso valeva per le raccolte (che faceva anche Bonelli...mi pare che adesso sia soltanto Aurea a riciclare le rimanenze in questa maniera...) o per le bustone sorpresa. Ci voleva del tempo per esaurire la paghetta (la mia era di 500 lire settimanali e Topolino nel 1972 costava 150 lire...per dire)
Un bambino di oggi è travolto da molte altre possibilità, la
sua “fame di storie” è soddisfatta da decine di canali tv che trasmettono
tutto, sempre e comunque, da internet, da device di ogni tipo e chi più ne ha
più ne metta. Perché dovrebbero leggere un fumetto? Ecco perché, alla fin fine,
oggi il fumetto tradizionale (e sottolineo tradizionale) lo leggono più o meno
le stesse persone che lo leggevano negli anni Settanta, e cioè… ancora noi, che
ormai abbiamo i capelli bianchi, ma ancora il gusto della Nona Arte. Lo stesso
destino che hanno seguito, ad esempio, i trenini elettrici, una volta gioco
ambitissimo da tutti i bambini, oggi oggetto di collezionismo per pochi fissati
(pure loro coi capelli bianchi…). Ovvio quindi che i numeri delle
tirature siano più bassi di allora, ovvio che resti sempre Tex il più venduto,
ovvio che perfino Topolino strizzi l’occhio al pubblico più agée, alternando
alle storie evidentemente (e giustamente) per bambini, altre avventure molto
più adulte, nei toni e nei disegni (cito i recenti Moby Dick e Star Top, per
capirci). Senza dimenticare le operazioni-nostalgia, con le continue ristampe
di grandi miti del passato (quelli che piacciono – ancora – a noi) o con la
creazione di personaggi nuovi, ma dal sapore antico, come appunto Adam Wild.
Tranne casi sparuti (tipo mia figlia di otto anni che divora libri come se non ci fosse un domani e legge i fumetti, adesso, soltanto per disperazione e quando non ha di meglio sotto mano) i bambini non leggono più, e forse è questo quello che hanno capito gli editori. Persino le ricerche scolastiche preferiscono farle su youtube. Io mi considero un genitore fortunatissimo, è la stessa mia Giulia a dividere il tempo equamente tra videogame, cartoni e libri senza che ci sia una prevalenza di "media". Noto però che la lettura è il piatto principale ed importante della sua giornata. Se il fumetto ritorna alla sua funzione principale, lo svago senza impegno, potrebbe essere ancora un mezzo battagliero. Io i capelli non li ho, nemmeno bianchi ahimè, però il mio amore per la tavola diventa sempre più sbiadito e da prossimo anziano posso dire che trovo più entusiasmanti (adesso) una bella serie televisiva o un film (mea culpa). Persino i videogame, quando la trama è curata ed il design artistico diventano coivolgenti. Il nuovo Topolino...ne ho letto parecchi numeri da quando è passato a Panini e lo trovo molto equilibrato e gradevole come contenuto, l'unica cosa che non mi piace è che a sceneggiature splendide non sempre si affianchino disegnatori all'altezza. Non capisco poi questo ricambio di cartoonist costante, capisco che c'è molta offerta di disegnatori ma molti sono emuli Cavazzianani indistinguibili dall'originale a tal punto di restare eterni anonimi. Lo stile mi manca...quello si. Le ristampe, per noi lettori di vecchia data, sono quasi inutili. Capisco le cronologiche e le integrali, poco le selezioni...ma anche in quel caso diventa più economico andare per mercatini ed Ebay.
Il resto del mondo delle Nuvolette, volendo cercare un altro
pubblico, ha dovuto evolversi per forza di cose: ecco i graphic novel (o le
graphic novel che dir si voglia, per qualcuno sono maschi, per altri femmine);
ecco le soluzioni di marketing più o meno azzeccate – dalle copertine variant
(che anch’io personalmente detesto, al pari di Giordano) alle mega-saghe a
cavallo tra fumetto, cinema, letteratura… –; ecco la ricerca di autori
innovativi che spaziano tra fumetto e web, come appunto Zerocalcare o anche
Sio, nei portali-social per autori, sorta di talent adattato al Fumetto, per i
quali vale certamente il famoso slogan giannimorandiano “uno su mille ce la
fa”; ed ecco soprattutto l’attività di monitoraggio all’estero, per scovare
produzioni da tradurre e ristampare (attività molto più economica del
realizzare qualcosa da zero), “saccheggiando” fumetti americani o francofoni,
oltre che i manga (anche se quello giapponese è un discorso diverso che genera
fenomeni tutti particolari. Ma qui divagheremmo).
Le novelle per me sono femmine, parlo e mi esprimo in italiano. Anche manga e comics sono in forte crisi, Cosmo ho l'impressione, invece, che abbia saturato il mercato, non riesco più a seguire le uscite. Per quanto riguarda gli artisti multimediali ho l'impressione che ci sia una piccola "mafia", vedo in giro sempre le stesse facce amiche che si fanno gomitino. Non mi pare che ci sia un reale "botto" perchè i lettori acclamano, più che altro sagge ed astute mosse di marketing.
Il risultato di tutto questo è una gran massa di titoli
a fronte di basse (o bassissime) tirature, dove il flop è dietro l’angolo, ma
dove comunque il titolo fallato può essere rapidamente soppiantato da un altro
“tentativo”. L’appassionato di fumetti di oggi non potrà più affezionarsi a un
personaggio o a una serie: fenomeni tipo Diabolik o Tex sono ormai impossibili
(l’ultimo dei Mohicani è stato Dylan Dog, che pure ha avuto bisogno di un
rilancio, i cui esiti sono ancora in fase di studio), ma può comunque godere di
una grande varietà di possibilità. E per un Adam Wild che chiude (e anche qui
il discorso è relativo: rese di vendita fallimentari per Bonelli sono invece
grasso che cola per miriadi di piccoli editori), possiamo sempre reperire in
edicola un fenomeno alla The Walking Dead. Certo, coltivare la nostra passione
è così più complicato, richiede un costante lavoro di monitoraggio dell’edicola
o della fumetteria.
Questa è una cosa tristissima, nessun personaggio pare che sopravviverà agli autori. Ma forse il problema è proprio lì, l'autore è diventato più importante del personaggio, un male, ricordiamoci che una volta non c'erano nemmeno i credits, Braccio Di Ferro vendeva perchè era Braccio Di Ferro, poco importava il resto. Io leggo Walking Dead dal primo volumone da libreria di Salda, il Walking Dead in edicola è adesso famoso perchè trainato dalla (noiosissima...salvo soltanto le prime due stagioni) serie televisiva. Io il tempo per i monitoraggi non l'ho e quindi vado sul sicuro viaggiando nel passato.
Meglio oggi o ieri? Meglio i fumetti “storici” o quelli
attuali? Meglio un grande personaggio o tanti personaggi? Meglio aspettare il
tal giorno del mese per cercare il nostro eroe preferito o spaziare di genere
in genere? Impossibile dirlo: certamente sono casi diversi, separati da decenni
di evoluzione.
In fondo, una volta il Fumetto era ritenuto un genere per
bambini (ergo, limitato nel tempo della fruizione del singolo lettore), oggi è
invece un genere di nicchia (quindi per pochi lettori, ma nei secoli fedeli).
Fate voi.
Qui non so cosa dire, non so se resterò "nei secoli fedele". Quando diventi di nicchia, secondo me, sei un po' morto.
Aggiungo una postilla a proposito della politica dei prezzi
che solleva sempre Giordano: dobbiamo purtroppo tener conto della crisi
irreversibile che ha colpito le edicole, un tempo miniera d’oro, oggi attività
in via d’estinzione, almeno nell’ottica della pura e semplice rivendita di
giornali (segnalo in proposito la bella analisi di Vincenzo Marino su Vice.com,
mentre la foto in apertura di questo post vi mostra il cartello esposto
dall’edicola sita proprio davanti alla nostra redazione). È del tutto evidente
che gli editori, ancor prima degli edicolanti, sono messi in grave difficoltà
da questo stato di cose, e corrono ai ripari come possono. A cominciare dal
prezzo di copertina, sul quale devono “mangiare” davvero tante persone, dagli
autori del fumetto all’editore stesso, dai redattori ai grafici, dallo
stampatore al distributore nazionale, a quello locale, all’edicolante. Il
prezzo alto fa scappare i lettori? Certamente sì, ma ahimè, temo non ci siano
molte alternative. Purtroppo all’orizzonte non si vedono figure come quella del
Cumenda Rizzoli, che inventò le edizioni economiche per favorire la diffusione
della cultura anche tra i ceti più popolari.
E se è indubbio che tanti fumetti si leggono davvero in
pochi minuti, è altrettanto vero che il piacere della lettura di un fumetto non
può essere misurato solo in base al tempo necessario ad arrivare all’ultima
pagina. Un fumetto non “si legge”, ma si esamina, si osserva nel dettaglio del
disegno, si cerca di interpretare quel che accade nel famigerato “spazio tra le
vignette”… Certo, tutto questo è vero solo se stiamo leggendo un buon fumetto.
Perché se invece dovessimo trovarci tra le mani una schifezza, allora qualunque
cifra spesa sarà stata troppo alta.
Mi diceva tempo fa il caro Luca Montagliani che un volume di Annexia, di quelli grossi, costava in stampa si e no 5 €,...tutti conosciamo le risicatissime tirature di quella casa editrice, in quel caso non c'era chissà quale margine di guadagno (metti distribuzione, lavoro svolto sul recupero delle tavole, stand per Luccacomics, ecc...). Tutti noi che passiamo di qui sappiamo che i volumi Rebuffi-Annexia (ormai introvabili) avevano dei prezzi minimi. Non è che tipi-editori che non voglio nemmeno nominare ci pigliano per i fondelli con l'ennesima "opera d'arte" venduta 1€ a pagina?
Ciao Antò.
E se è indubbio che tanti fumetti si leggono davvero in pochi minuti, è altrettanto vero che il piacere della lettura di un fumetto non può essere misurato solo in base al tempo necessario ad arrivare all’ultima pagina. Un fumetto non “si legge”, ma si esamina, si osserva nel dettaglio del disegno, si cerca di interpretare quel che accade nel famigerato “spazio tra le vignette”
RispondiEliminaInsomma. Sono anch'io un dinosauro con i capelli girigi e bianchi dove ancora ci sono, ma ho sempre "saputo" , anche quando era bello incappare in una Raccolta della Editoriale Corno senza un pezzo di cover con Ka-zar contro Victorius che aveva pochi capelli e bianchi abbandonata da qualche bimbo nella stanzetta dove i bimbi i cui genitori lavoravano fino a tardi restavano a sognare, che un fumetto funziona quando lo si legge tutto d'un fiato senza notare le closures, senza fermarsi a guardare le vignette cercando i dettagli , senza fermarsi e rileggere una singola dida. Magari son cose che si fanno alla seconda lettura ed alla terza, ma è la prima che salda il patto, che forma le alleanze , che mesmerizza il cucciolo.
Sagge parole, l'amore a prima vista, senza se e senza ma, senza bisogno di interpretare.
EliminaConcordo al 100% con Crepascolo e con Salvatore: se un fumetto è ben fatto non ho bisogno d'altro cye di leggerlo per essere anch'io 'dentro' la storia.
RispondiEliminaForse questa cosa della closure è un po' da ridimensionare :)
Saluti!
infatti
EliminaRomanzi a fumetti: maschile - Novelle a fumetti: femminile. "Novel", mi pare si traduca dall'inglese solo come "romanzo", non come "novella" (short story, o qualcosa del genere, ma vado a memoria). Ma che c'importa, Ad ogni buon conto, l'italiano ha una pletora di termini da poter utilizzare con grande soddisfazione, in ambito editoriale...
RispondiEliminaIo son vecchio, quindi leggo ancora i fumetti (quelli che mi piacciono). ;-) Peraltro, quando vado nelle scuole (elementari o medie inferiori, in questo caso) a parlar di fumetti (legati a una infinità di altre cose), la gioventù è sempre molto interessata, e fanno domande, e vogliono provare a farne, e ci divertiamo un sacco ecc. ecc. ecc. Quasi io stia parlando di dinosauri, che, come si sa, piacciono sempre molto, anche se pochi poi fanno i paleontologi.
Ovviamente leggo solo quel che mi piace, visto che non vengo pagato per soffrire. Penso debbano fare così anche i giovanissimi di oggi: cercare quel che a ciascuno di loro piace di più, quel che offre loro emozioni, sensazioni... Punto. Se i fumetti (o solo alcuni) non riescono a raggiungere cuore e mente dei più giovani, eh... ci arriverà altro. D'altronde non tutti sono capaci di parlare ai più giovani, si sa. Chi ci rimette di più sono proprio quelli che non sanno parlare loro. I giovani, invece, generazione dopo generazione, sapranno trovare "le proprie cose", quelle che parlano al loro cuore e che sanno stimolare la loro mente. Qualunque cosa siano, quelle "cose". E si va avanti. :-)
L'importante è leggere quel che piace. Il fumetto moderno mi da l'impressione di "prodotto" freddo ed asettico, studiato per piacere ma che non colpisce il cuore. Come se che ci lavorasse sopra , "lavorasse" soltanto senza divertirsi. In un Peroni, un Colantuoni, un Terenghi (per esempio) vedevo la gioia del creare, mi pareva di vederli sorridere mentre realizzano la tavola.
EliminaCapisco cosa intendi, credo. Io non ho mai smesso di "fare le facce" quando disegno (o scrivo), e mi diverto anche quando qualcosa non viene e devo rifarlo, e mi godo quel che faccio. Alcuni danno l'impressione, invece, di faticare, di fare -solo- un lavoro, con tutto lo stress che questa parola comporta quando non ci si diverte a farlo. Come se avessero il gran peso di -dover- essere Artisti Famosi, invece che artigiani che provano piacere a fare il proprio lavoro. Poi si vede nel risultato, direi... IMHO.
EliminaAncor più triste quando il "dover essere Artisti Famosi" porta a diventare "ingranaggi di una macchina"... Il passo seguente può essere la depressione.
EliminaIngranaggi, questo è il termine perfetto, ingranaggi di una "macchina" e le macchine producono prodotti non arte. La rete ed i social hanno creato mostri del marketing che credono nelle loro statistiche fallaci, i numeri non comprendono la variabile impazzita dell'animo umano. Può darsi che a tavolino, in pieno brainstorming di geni, un idea sembri vincente: "Sto coso che abbiamo copiato (Inventato ormai è una parola grossa) pare proprio quello che vogliono gli utenti di Fb! Arricchiamo!". Poi il "coso" esce in edicola e la gente non se lo fila perché pare superfluo, perchè somiglia troppo ad altro, perché il colpo di scena è preso paro paro da un film o una serie televisiva, o perche "freddo" come tutto quello che è progettato per piacere per forza.
Elimina"Il fumetto è diventato noioso, costoso e anacronistico": bisogna anche dire che con il passare del tempo, quando da fumeto artigianale affidato all'inventiva del singolo autore, è diventato sempre di più una produzione industriale studiata a tavolino (ed inflazionata), il pubblico ha cominciato ad intuire, a stancarsi sempre più spesso della testata quando un tempo ci si ricordava degli stessi personaggi di trent'anni prima, ad allontanarsi dalle edicole finché a leggere non è rimasta una nicchia, alla quale sono rivolti i vari "effetti speciali" studiati per colpire quel tipo di pubblico.
RispondiEliminaConcordo in pieno, è un po' il pensiero di cui poco sopra.
EliminaEccomi qui, vedo solo ora che il Buon Salvo mi ha citato.
RispondiEliminaBuongiorno a tutti.
Come saprete Annexia ha chiuso definitivamente la sua corsa di riproposte rebuffiane.
I motivi li sapete, non è successo altro fino ad oggi e le modalità di comunicazione con gli eredi non è cambiata. Sempre per avvocato DEVE passare la comunicazione.
Ma sto curando un progetto che, se vedrà la luce, sarà rivolto a un pubblico di collezionisti e venduto a caro prezzo.
Le strade sono due: quella di Annexia/Rebuffi con prezzo contenuti perché è più onesto (dal mio umilissimo punto di vista) o il prodotto di ULTRAnicchia venduto a caro prezzo.
La via di mezzo è il marasma del fuettomondo di oggi dove, senza ombra di dubbio, c'è del buono e c'è dell'inutile.
Nel caso del fumetto popolare bonelliano, francamente, più che quando scrive il mio amico Carlo Ambrosini (anche se il fatto che venga supervisionato da Recchioni mi lascia parecchio diffidente sul fatto che ci possano essere degli importanti cambiamenti in sceneggiatura. Nell'ultimo numero, quello a colori, ci sono delle cose che non mi quadrano, che non sono da Carlo...), il resto del minestrone bonelliano non mi interessa davvero. Personaggi e modus che non incontrano più il mio gusto personale. Ma è un problema mio, generazionale, che invecchiando ho abbandonato molte cose, vuoi per mancanza di tempo per leggere, vuoi per questione di disaffezione dura e pura. Il signor Morgan Lost lo leggerò solo perché un mio carissimo amico ne disegna alcuni numeri, pertanto i primi 7/8 ho deciso di comperarli.
Tutti gli altri fumetti, della zona non popolare da edicola, sono sicuramente da tenere d'occhio. Vi sono delle perle nascoste come delle ciofeche inenarrabili. Sta all'animo e alla voglia del lettore cercare, guardare, comperare.
Che dire. Il digitale ha il suo perché e la nostra vecchia percezione che solo le cose concrete e toccabili siano Oggetti, e non un invisibile file, è un problema fondamentalmente nostro, che le vecchie generazioni non hanno (e manco gli passa per l'anticamera del cervello di porselo).
Facciamocene una ragione.
Abbracci a tutti dalla Polonia invernale, per ora mite...
Ciao Luca, sarò felice di leggere le nuove proposte Annexia. So che ci sono molte cose interessanti nel mondo indie...ma sinceramente mi pare che ci sia troppa autoreferenzialità, troppi autori e pochi personaggi. Per il digitale la penso come te, diamo tempo al tempo e la perdita del supporto fisico ci sembrerà una liberazione, a me è già successo per il cinema. Ormai preferisco lo streaming legale a BD e DVD.
EliminaFaccio solo una piccola aggiunta, scusandomi per certa sviste sintattiche nel commento precedente che non ho riletto.
RispondiEliminaGiorgio (che la sapeva lunga come la barba di Matusalemme), prima di ogni Lucca accendeva il laringofono e soleva dirmi: "Figliolo, ascolta, so che saprai rappresentarmi degnamente a Lucca ma ti prego di tenere un basso profilo e di essere mite. Evita le sparate, perché già un profluvio di scoregge profumerà l'aria".
Buona giornata a tutti.
Grande king Giorgione :-)
EliminaOh, ma sarà un caso che i post sui fumetti con maggior partecipazione sono quelli che riguardano la morte del fumetto ?
EliminaA volte penso che gli abituè del fumettomondo siano un pò necrofili e si compiacciono a l pensiero di annusare ( e masticare ) la carcassa iin putrefazione che il medium fumetto sembra essere ( almeno in Italia)
Questo post (così come il precedente, con i relativi commenti) mi è veramente piaciuto! Personalmente, anche se un mio recente lavoro sta viaggiando ampiamente al di sotto delle aspettative (mie e dell'Editore che mi ha confermato fiducia dopo i primi lavori fatti insieme) -per inciso: NON certo per un discorso qualitativo- continuo a disegnare vignette e fumetti. Nessun VERO appassionato dovrebbe alzare bandiera bianca. Prima o poi mancherà l'elettricità. Niente più computers, tablet, diavolerie tecnologiche, distrazioni elettroniche ecc ecc
RispondiEliminaTornerà in gioco il vero, sano, immortale LAVORO MANUALE ma soprattutto chi lo saprà di nuovo apprezzare. Tra quanto? Trent'anni? Duecento? ...Ma se accadesse domani? Io non mi farei trovare impreparato...
Robert Oward
Personalmente mi associo a quanto asserisce l'amico Goria. Io sono stato e sono ancora un promotore della lettura tout court, libri e fumetti. Ho diretto per dieci anni una Biblioteca per ragazzi, ho fatto laboratori in gruppi, associazioni, scuole e quant'altro, continuando contemporaneamente a fare l'autore, scrivendo e disegnando. Tutto quello che è stato detto in questa approfondita disamina fotografa una situazione deja vue che non può essre inflenazata da noi semplici mortali, autori, critici, amatori, lettori. Frequento le tipografie dagli anni Settanta, ho visto la linotype funzionare, il proto maneggiare i caratteri mobili e lo spago per fermarli sulla forma, i grafici lavorare con scotch e sgarzini sulle pellicole di acetato, io stesso mi sono visto usare il tipometro per controllare corpi e giustezze, usare i menabò cartacei, squadra e matita. Oggi uso il pc e quanti programmi riesco a maneggiare. Era bello una volta... ma è più elastico e performante (odio i neologismi anglosassoni, ma va beh, i giovani grafici usano questo termine)usare Indesign o altro programma similare... anche se il vecchio PageMaker era assolutamente più funzionale e meno bastardo. Ergo, non si si può far nulla. Oggi mi hanno intervistato sull'Arte. Da piccolo sbavavo sulle riproduzioni di Giotto e Leonardo... oggi, se fossi un bambino, credo che farei altrettanto con ciò che posso vedere su uno smart. È dura, ma è così. Resistono i romantici come noi che hanno tutto il diritto e il dovere di esistere e continuare a fare quello che amano e fanno, ma senza urlare nella caccia alle streghe. Tutto finisce, meno il Sogno.
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