Per le feste cerco sempre di vedere qualcosa che mi permetta
di accoccolarmi con la dolce consorte sul divano sotto un enorme coperta di
flanella e con in mano un bicchiere di Amaretto di Saronno.
Visto che è impossibile essere romantici con i film di Rob
Zombie mi sono gettatto sul classico dei
classici.
Più che recensire il Blu Ray , dignitoso ma non eccelso, che
ha come unico favore della sua bontà l’abnorme
quantitativo di materiale extra con più di 8 ore su disco aggiuntivo, qui
scriverò del film che mi ha invero sorpreso.
Via col vento è impossibile da vedere in tv, 244 minuti di film su qualsiasi canale
televisivo gratuito , con gli spot pubblicitari …mai!
Ero leggermente turbato e preoccupato per le romanticissima
cover e perché è uno dei film preferiti da Bruno Vespa,
presagio di sicura sonnolenza e tedio.
Complice la superoffertona di Amazon del 3X2 su alcuni blu ray ho potuto
acquistare a meno di 5 euro un monumento di celluloide (la versione doppio
disco per il 70 anniversario).
La Metro-Goldwyn-Mayer investì tantissimo nella produzione
che durò ben due anni. Un dipinto , un opera d’arte che unisce melodramma a
narrazione storica. Una grandiosità produttiva, una fotografia, una
colonna sonora ed un cast che fanno apparire piccolo qualunque blockbuster
recente infarcito di computer grafica. Un opera moderna, la figura di Rosella
O’Hara è uno spregevole ed insieme eroico ritratto di donna, una forza
incredibile che ti fa capire perché tua nonna e tutte le persone vissute nel
primo dopoguerra ( qualsiasi guerra) siano così rocciose e prive di paura. Chi
ha patito la fame ed ha visto la morte dei propri cari entra nel circolo di “quel
che non mi uccide mi rende più forte”. Altro che Wolverine e Ken il guerriero,
la Red Sonja del 1861 li avrebbe stesi entrambi ammaliandoli e portandoli al
suicidio.
Come dicono negli inserti speciali , “dopo Clark Gable”
nessuno. Nessun’altro poteva interpretare Rhett Butler, un fascino
intramontabile che riconosco anche io come uomo, anzi forse ancor di più
apprezzo la bellezza “maschia” di uno che non sapeva cosa fossero gli steroidi
e le creme antirughe, di quelli che “ne se ne fanno più”.
Lo scricciolo
meraviglioso Vivien Leigh, una bellezza lontanissima da quelle delle fatalone degli anni cinquanta , quegli occhi
verdi profondi e vasti come l’irlanda, un corpo minuto privo delle forme e
volgarità delle plasticose bellone odierne ma di una femminilità dimenticata e
naturale.
Grandiosa la Mammy di Hattie McDaniel, che non potè vedere
la prima del film in Georgia perché vigevano ancora le leggi razziali.
Un film meno romantico di quando mi aspettassi, dove l’uomo
piange e le donne sono di cemento.
Il primo manifesto femminista, nascosto dietro una patina di
falso romanticismo, la storia di un
malvagio capriccio femminile che dura una vita e di un viveur
che scopre il suo cuore sanguinante.
Io l’ho adorato e se non siete d’accordo con me “Francamente
me ne infischio”.