vignetta di Pier Luigi Sangalli |
Come al
solito, Poldo si stava aggirando per le vie della città, cercando il modo di
scroccare qualcosa a qualcuno.
“Devo
assolutamente trovare qualcosa da mettere sotto i denti, o sverrò per la fame”
brontolò lo Sbaffini.
E notando che a
poca distanza da lui c’era Braccio di Ferro, Poldo pensò “Proverò a farmi dare
qualche soldo da lui, anche se dovrò fare del mio meglio per convincerlo”.
Braccio di Ferro
si stava recando in un’agenzia di viaggi, quando incrociò Poldo.
“Salve, amico
carissimo. Io...” disse lo Sbaffini.
“Adesso non posso
darti retta, Poldo. Vado di fretta” lo interruppe il marinaio.
“E come mai?”
volle sapere Poldo.
“Mi ha contattato
il celebre professor De Anglofilis. Deve partire per l’Africa e vuole che io lo
accompagni” spiegò Braccio di Ferro.
“E cosa ci va a
fare in Africa?” chiese Poldo.
“Deve studiare le
tradizioni di una tribù del luogo” gli rispose Braccio di Ferro.
“Posso venire
anch’io? Vorrei arricchire le mia conoscenza in tale campo” chiese lo Sbaffini.
“Il professore mi
ha dato i soldi per 2 biglietti aerei, quindi penso di sì” gli rispose il
marinaio.
E mentre Braccio
di Ferro andava ad acquistare i biglietti, Poldo sorrise soddisfatto.
Qualche giorno
dopo, un piccolo aereo verde stava sorvolando il cuore dell’Africa; e a bordo
c’erano Braccio di Ferro, Poldo ed il Professor De Anglofilis.
“Tra non molto
saremo a destinazione” annunciò il pilota, tramite un altoparlante.
“Professore, che
tribù intende studiare?” domandò Braccio di Ferro.
“La tribù dei
Mungia-Mungia, famosa per le sue leggende” rispose l’erudito professore.
“Tutto questo é
molto eccitante. Non é vero, Poldo?” chiese Braccio di Ferro.
Solo allora, il
marinaio notò che il suo compagno di viaggio era sparito.
Dopo essersi
allontanato dagli altri, Poldo si era recato nella stiva e aveva aperto una
cassa contenente della frutta.
“Queste banane
sono un eccellente antipasto” biascicò Poldo, con la bocca piena.
In quella però,
sopraggiunse Braccio di Ferro, che colse in flagrante lo Sbaffini.
“Poldo, ti stai
pappando le provviste!” accusò il marinaio.
“No di certo” negò
Poldo, indietreggiando.
Ma così facendo,
il mangione scivolò sopra una buccia di banana e per non cadere, afferrò
istintivamente la leva che apriva il portellone dell’aereo.
“Attento, Poldo”
lo avvertì Braccio di Ferro.
Ma prima che il
marinaio potesse fare qualcosa, il portellone si spalancò e Poldo venne
risucchiato fuori dall’aereo, precipitando nel vuoto.
“Aaaah!” urlò
terrorizzato lo Sbaffini, durante la caduta.
Nel villaggio dei
Mungia-Mungia, la vita stava trascorrendo secondo la consueta routine.
Chiuso nella sua
capanna, lo stregone della tribù stava pulendo i suoi strumenti, quando
nell’aria echeggiò un urlo, che lo costrinse ad uscire.
“Ma quello é
Ecsaltia!” esclamò sorpreso lo stregone, alzando gli occhi al cielo, dove vide
una figura umana precipitare a tutta velocità.
Prevedendo di
schiantarsi nel giro di pochi secondi, Poldo si coprì gli occhi.
Fortunatamente
però, lo Sbaffini precipitò in un fiume, ritrovandosi impigliato nelle reti da
pesca dei Mungia-Mungia.
“Grazie al cielo,
sono atterrato sul morbido” sospirò sollevato Poldo, sputacchiando l’acqua
bevuta al momento dell’impatto.
Una volta
liberatosi dalle reti, Poldo raggiunse la riva, dove trovò l’intera tribù dei
Mungia-Mungia che lo attendeva.
“Salve. Voi dovete
essere i Mungia-Mungia” ipotizzò lo Sbaffini.
“Benvenuto, grande
Ecsaltia, dio dell’abbondanza!” disse il capo-tribù, inginocchiandosi fino a
terra.
“Lode ad Ecsaltia!
Lode ad Ecsaltia!” ripeterono gli indigeni, imitando i gesti del loro capo.
In quel momento, a
bordo di una jeep, sopraggiunsero Braccio di Ferro e De Anglofilis.
“Ehp! Ma che
succedendo?” domandò sorpreso il marinaio.
“A quanto pare,
gli indigeni hanno scambiato Poldo per una divinità” spiegò il professore.
“Conducete subito
il dio dell’abbondanza al villaggio” ordinò il capo-tribù.
“E preparate un
sontuoso banchetto in suo onore” aggiunse lo stregone.
“Questa storia
della divinità comincia già a piacermi” ammise deliziato Poldo.
Nei giorni
seguenti, mentre Braccio di Ferro ed il professore adempivano ai loro doveri di
studiosi, Poldo si crogiolava nel suo ruolo di divinità, facendosi servire
continuamente cacciagione arrosto e frutta fresca.
“Certo che il dio
dell’abbondanza mangia parecchio” brontolò un cacciatore.
“Tieni duro. Manca
poco alla cerimonia del fiume propizio” lo incoraggiò il suo compagno.
Durante la loro
permanenza presso i Mungia-Mungia, Braccio di Ferro e il professore poterono
vistare l’intero territorio della tribù, con la sola eccezione di una grotta,
ritenuta sacra.
Allo scadere del
quinto giorno però, lo stregone e i suoi assistenti accompagnarono i 2
visitatori all’interno della grotta in questione.
“Come mai ci fate
vistare questa grotta solo ora?” chiese Braccio di Ferro.
“La grotta può
essere visitata solo in occasione della cerimonia del fiume propizio” spiegò lo
stregone.
“Cerimonia del
fiume propizio?” chiese il professore.
“Sì, ma vi
spiegherò tutto una volta giunti a destinazione” stabilì lo stregone, facendo
strada all’interno della grotta.
Dopo un breve
marcia, il gruppo giunse davanti ad una pittura rupestre, raffigurante un uomo
grasso vestito con abiti tribali.
“Quello é
Ecsaltia, il dio dell’abbondanza” spiegò lo sciamano, indicando l’immagine
dipinta.
“In effetti,
assomiglia parecchio a Poldo” riconobbe il professore, esaminando attentamente
il disegno.
“E come mai
Ecsaltia é disegnato nella bocca di un coccodrillo gigante?” chiese Braccio di
Ferro, facendo altrettanto.
“Quello é
Quetsacoal, un malvagio dio che causò una grande carestia -spiegò lo sciamano
-Ma Ecsaltia riportò le cose alla normalità facendosi divorare da lui”.
“Adesso però,
Quetsacoal deve essere ritornato, perché nel fiume non ci sono più pesci” disse
uno degli assistenti dello stregone.
“Ma per fortuna,
lo é anche Ecsaltia” aggiunse l’altro.
Sulle prime,
Braccio di Ferro e De Anglofilis non capirono il significato di quelle parole,
ma quando lo fecero, sussultarono sorpresi.
“Avete intenzione
di sacrificare Poldo” realizzò il professore.
“Non posso
permettervi di fare una cosa simile” rincarò il marinaio.
“Avevo previsto
quest’evenienza” replicò lo sciamano, gettando in faccia ai 2 uomini una povere
azzurra, che li fece addormentare all’istante.
“Che ne facciamo
di loro?” chiese uno degli assistenti.
“Chiudeteli nella
gabbia fino alla fine del rito” ordinò perentoriamente lo stregone.
Quella sera, tutta
la tribù dei Mungia-Mungia si radunò
sulla riva del fiume, per assistere al sacrificio del dio dell’abbondanza.
Poldo, che aveva
messo su una decina di chili, venne fatto vestire con un sontuoso abito tribale
e condotto davanti ad un pentolone pieno d’acqua calda.
“Prego, grande
Ecsaltia” disse il capo-tribù, facendo un solenne inchino.
“Grazie. Avevo
proprio bisogno di un bagno caldo” disse Poldo, che ebbe qualche difficoltà ad
entrare nel recipiente, a causa della sua pancia.
Ma una volta a
mollo, lo Sbaffini si rese conto che nell’acqua c’erano anche delle verdure
affettate e delle erbe aromatiche.
“Ehp! Ma voi
volete mangiarmi” realizzò Poldo.
“No di certo.
Quest’onore spetta al dio Quetsacoal, che presto emergerà dal fiume” spiegò il
capo-tribù.
In preda al
panico, Poldo cercò di fuggire, ma la sua grossa pancia gli impedì di uscire
dal pentolone.
Grazie alla sua
tempra robusta, Braccio di Ferro riprese conoscenza per primo, ritrovandosi
chiuso in una gabbia di legno, insieme al professore.
“Devo andare a
salvare Poldo o verrà sacrificato” si ricordò il marinaio, ancora leggermente
stordito dalla polvere azzurra.
“Aiuto!” gridò
allora la voce di Poldo.
“Fulminacci! Il
rito deve essere già cominciato” disse Braccio di Ferro, mentre cercava di
rompere le sbarre della prigione.
“Ti conviene
sbrigarti, o il tuo amico farà una brutta fine” disse De Anglofilis, appena
risvegliatosi.
I Mungia-Mungia
avevano appena cominciato a suonare i loro tamburi, quando nell’aria echeggiò
un terrificante verso animalesco.
“Ecco Quetsacoal!”
avvertì lo stregone.
Tutti i presenti
volsero lo sguardo verso il fiume, da dove stava emergendo un coccodrillo
grande quanto un autobus.
“Aaaah! Che
mostro!” urlò terrorizzato Poldo.
Leccandosi le
labbra deliziato, il gigantesco rettile si diresse verso il pentolone in cui lo
Sbaffini era intrappolato.
“Vacci piano,
lucertolone” disse Braccio di Ferro, sopraggiungendo all’improvviso.
E prima che
qualcuno potesse fermarlo, il marinaio colpì il coccodrillo sul naso con un
doppio diretto, per poi farlo indietreggiare sotto una raffica incessante di
pugni.
“Incredibile!
Quell’uomo tiene testa a Quetsacoal” esclamò il capo tribù.
“Forse riuscirà a
sconfiggerlo” sperò lo stregone.
Ma proprio in quel
momento, il coccodrillo gigante colpì Braccio di Ferro con la sua coda,
atterrandolo; e non pago di ciò, il rettile si mise a calpestare ripetutamente
il marinaio con le sue possenti zampe.
“Peccato. Ma un
uomo non può battere un dio” sospirò lo stregone.
“Voi non conoscete
Braccio di Ferro” obbiettò il professore, che aveva seguito il combattimento da
lontano.
Senza concedere un
attimo di tregua al suo avversario, il coccodrillo gigante stava continuando a
calpestare Braccio di Ferro, riducendolo sempre peggio.
“Questo
lucertolone sta cominciando a stancarmi” brontolò il marinaio, mentre estraeva
dalla sua camicia una scatola di spinaci.
E dopo aver
trangugiato i suoi vegetali preferiti, Braccio di Ferro bloccò a mezz’aria il
rettile, per poi ributtarlo nel fiume.
Ma ruggendo
infuriato, il coccodrillo gigante ritornò all’attacco e si avventò sul
marinaio, ingoiandolo in un sol boccone.
Ma non appena le
gigantesche mandibole si serrarono, Braccio di Ferro sfondò la dentatura della
belva, riconquistando la libertà.
“Rrrrr!” ruggì il
rettile, in preda al dolore.
“Vedo che non ne
hai avuto abbastanza” replicò il marinaio, che concentrò tutte le sue energie
nel pugno destro, ingigantendolo a dismisura.
E senza aggiungere
altro, Braccio di Ferro sferrò un pugno micidiale al coccodrillo gigante, che
diventò letteralmente una borsetta con le zampe e la coda.
“Cai, cai, cai!”
guaì il rettile, prima di svignarsela a tutta velocità nelle acque del fiume.
“State pur certi
che quel lucertolone non vi darà più fastidio” assicurò il marinaio agli
indigeni.
“E senza di lui, i
pesci torneranno presto a popolare il fiume” aggiunse il professore,
sorridendo.
“Evviva il
coraggioso e potente uomo dai pugni indistruttibili!” esulto l’intera tribù dei
Mungia-Mungia.
“Per fortuna,
tutto é finito bene” sospirò Poldo, che, inspirando profondamente, riuscì a
liberarsi.
“Spero che questa
brutta esperienza non abbia cancellato il tuo amore per la cultura africana” si
augurò De Anglofilis.
“Invece, é proprio
così. Addio, professore” replicò Poldo, mettendosi a correre in direzione
dell’aeroporto più vicino.
“Un po' di
esercizio gli farà perdere qualche chilo. Eh,eh!” ridacchiò Braccio di ferro,
divertito da quella scena.
FINE
Non male, sembra una delle vecchie storie Bianconi ...
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